ARTE E CREATIVITA'

il gioco della mente e del corpo con la materia
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sabato, luglio 01, 2023

Il programma delle uscite di Luglio di OmoGirando

 



Sabato 1 luglio in Tuscia è organizzata OmoGirando il contemporaneo in Tuscia: Terra Arte e Kylix!

Un pomeriggio alla scoperta del Parco Terra Arte nella campagna di Blera, e della mostra Kylix al Museo della Città e del Territorio di Vetralla, in compagnìa degli artisti che espongono: Paolo Maccari, Carla Paiolo e Marco Brama. 

Domenica 9 luglio a Milano ci sarà OmoGirando Sant’Alessandro: la chiesa, la piazza!
Scopriremo insieme il grande complesso dei Barnabiti nel cuore di Milano. 

Sabato 22 luglio a Roma organizziamo OmoGirando l’Esquilino nascosto, dai sotterranei di S. Vito al Titolo Equizio!
Una passeggiata ad alcuni luoghi dell'Esquilino sotterraneo, con aneddoti e curiosità.

INFO E PRENOTAZIONI
https://omogirando.jimdofree.com/le-prossime-uscite/

E come extra:

Sabato 8 luglio Roma ci sarà l'escursione musicale I Ponti di Roma!
L'escursione non è organizzata da OmoGirando ma dalla musicologa Viviana Marconi, in collaborazione con Vincenzo, guida di OmoGirando Roma.

Per prenotare questa specifica visita bisogna contattare direttamente Viviana su: vivcontatti@gmail.com

INFO https://www.facebook.com/events/986346492371458

venerdì, settembre 17, 2021

OmoGirando Bomarzo! Sabato 25 settembre visita full-day

Nel cuore della Tuscia, un borgo antico è ricco di storia. E un luogo prediletto da un personaggio molto particolare del Cinquecento italiano: Pierfrancesco II Orsini, detto Vicino. Una vita rocambolesca, che lo porterà a prediligere come sua dimora un Palazzo, disegnato da Baldassarre Peruzzi. E a creare uno dei parchi più affascinanti ed enigmatici della storia dell’arte italiana: il Sacro Bosco.

Ah, vabbé: il Parco dei Mostri!” Penserete adesso. Ma siete davvero sicur3 di conoscerlo veramente?

 

OmoGirando Palazzo Orsini - La Sala dei Paesaggi

Appuntamento: Sabato 25 settembre alle ore 9:30 a Bomarzo (Vi daremo indicazioni)

 

Massimo 35 persone.

 

Costi: Contributo guida €12,00 con radioguide sanificate + ingresso Sacro Bosco (intero €11,00; ridotto €8,00 per under 13; gratuito under 4 e disabili)

 

Difficoltà visita: IMPEGNATIVA

 

Prenotazioni: entro il 24 settembre, salvo esaurimento posti.

 

Note:

● La visita durerà tutto il giorno, finiremo nel pomeriggio intorno alle 17:00 circa.

● Necessaria l’automobile.

● Pranzo al sacco.

● In base alle normative dettate dall’Ordinanza del 25 giugno 2021, è possibile partecipare alla visita guidata senza la mascherina solo durante i percorsi all’aperto. L’uso della mascherina sarà obbligatorio entrando nei luoghi chiusi.

● Per l’accesso al Sacro Bosco è necessario il Green Pass o tampone fatto entro le 48 ore precedenti da esibire alla biglietteria.

● I nominativi dei partecipanti dovranno essere trattenuti da OmoGirando per 14 giorni dopo la visita, nel rispetto della normativa sulla privacy.

● Le radioguide saranno pre-sanificate con un sistema brevettato a firma di chimico responsabile in camera di ozonizzazione, che permette di eliminare germi e virus su tutte le superfici e le parti interne degli apparecchi (che non vengono di norma sanificate con sistemi UV o pulizia manuale).

● Consigliate scarpe o sandali comodi e macchina fotografica!

 

Per partecipare contattare Vincenzo

cell +39 3393224349

mail info@omogirando.it

martedì, febbraio 02, 2021

Etrusco-Falisci : breve storia di scavi e recuperi non troppo scientifici...

GLI SCAVI DI NARCE...E GLI ETRUSCO-FALISCI...

CRONACA DEL DEPISTAGGIO ...DI SCAVI ABBANDONATI ...E ANCHE DELLA DISTRUZIONE DI ANTICHI  E "SCOMODI" REPERTI ARCHEOLOGICI 

Le tombe a camera, a pozzo, e quelle scavate sulla rupe tufacea indicano sia presenze etrusche sia di altre etnie, già nella tarda Età del ferro. Provenienti dall’Argolide, insediati a Falerii Veteres, erano queste le presenze dei Falisci.

Menzionati dallo scrittore Strabóne, la storia dei Falisci è legata a quella degli Etruschi dei quali diventano ben presto alleati e, a partire dal V sec. a.C. iniziano insieme, le lotte contro Roma. La vicinanza dei Falisci con gli Etruschi, è tale da essere inclusi da Tito Livio, tra i popoli etruschi partecipanti ai concili federali delle dodici Nazioni dello Stato dell’Etruria presso il Fanum Voltumnae, il santuario nazionale degli Etruschi.

A est di Mazzano Romano, si notano i ruderi di un insediamento falisco del IX secolo a.C., l’insediamento di Narce, dall’impronta etrusca, e molto più antica di quella di Falerii Veteres.

L’abbondanza di sepolture riferibili all’età del Ferro a Narce, fa intendere l’importanza e la grandezza di ciò che non sarà più chiamato insediamento ma città prestigiosa etrusca.

Gli scavi archeologici dell’Ottocento, vennero effettuati nelle proprietà del duca Filippo Massimiliano Del Drago Biscia Gentili, II principe di Mazzano ed Antuni (Roma, 4 marzo 1824 – Roma, 21 aprile 1913) e sposo di Maria Milagros Muñoz y Borbon, marchesa di Castillejo.

 Le proprietà dei due nobili, coincidevano con l’estensione dei territori dei due comuni di Mazzano e di Calcata.  Indagini archeologiche condotte nelle vicinanze del fiume Treja in località Narce hanno scoperto numerose statuette e teste votive, oltre ad appurare la conoscenza dei più antichi riti di fondazione, che hanno portato la terra italica al risveglio dalla notte della Preistoria.

Vengono rinvenute ventidue necropoli distribuite sui pendii circostanti i tre nuclei dell’abitato: Narce, Monte Li Santi e Pizzo Piede.

A La Petrina viene addirittura scoperto un Tempio, il cui scavo del 1891 venne inspiegabilmente interrotto.

Le antichità di Narce, rinvenute dagli archeologi e dagli affiancatori tombaroli, vengono esposte nel 1892 nel grande emiciclo del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e vengono incluse nella guida archeologica “Italia Antica: Dall’Età Paleolitica agli Etruschi e Romani” di Alessandro Della Seta, che costituisce la prima edizione di quello che sarà il Catalogo-Presentazione dei materiali provenienti dalla necropoli, dal titolo “I Tufi di Narce”. Sarà solo l’avvento della Seconda Guerra Mondiale a comportare lo smontaggio delle vetrine e il definitivo immagazzinamento dei materiali.

Gli scavi si concentrarono a partire dal febbraio del 1933 sul pianoro di Pizzo Piede e portarono alla scoperta di un santuario della città di Narce, di tracce delle mura di difesa dell’abitato, della via lastricata d’accesso, oltre ad alcune evidenze funerarie.

Oltre alla via lastricata, venne identificata la via Narcense che è tutt’ora l’antica strada lungo la valle del Treja, tra i boschi, che collega, Narce con Falerii Veteres, capitale dell’Ager Faliscus.

Tra il 1962 e il 1963 si consuma uno scempio archeologico che danneggerà per sempre il prestigioso sito di Narce, il più antico della zona. Si tratta della costruzione della strada provinciale 17/b Mazzano – Calcata. Gli ingenti lavori per la costruzione della strada, portarono a sventrare con profondi sbancamenti, ottenuti mediante l’utilizzazione di dinamite, la necropoli de La Petrina in corrispondenza del nucleo sommitale, e comportarono la distruzione del viadotto etrusco di collegamento tra Narce e Monte Li Santi.

Costruito presumibilmente nel corso del VI secolo a.C., questo poderoso monumento di ingegneria e di urbanistica, costruito in blocchi di tufo perfettamente squadrati, alto in origine più di quaranta metri, conservava una cospicua porzione rivenuta “intatta e ben

conservata” al tempo dei primi scavi di Narce.

Eppure, nell’agro falisco, vennero rinvenute anche una necropoli ed una opificio per la lavorazione delle tegole di età repubblicana. Il quadro dei ceramisti del VII secolo a.C. è arricchito a partire dal 1974 dalle scoperte di pitture riconducibili al pittore di Narce.

La bravura del ceramografo di Narce, si riscontra nel rinvenimento sul mercato antiquario di pregevoli opere per un totale di dodici vasi, sottratti dalle necropoli di Narce.

Alcuni rari ceramisti con bottega nelle aree di Mazzano Romano e di Calcata ancora oggi usano le antiche tecniche vecchie di secoli, lavorano la creta, l’argilla, vengono chiamati pignattari, poiché specializzati nel modellare le pignatte al pari dei vasai etruschi chiamati figuli, che modellavano la ceramica rossa.

È antichissima la consuetudine di modellare con l’argilla il vasellame, i mattoni, le tegole e le statuette votive. 

La terracotta o ceramica, poiché il termine deriva dal greco Keramos cioè argilla, deriva appunto da questo materiale naturaleche ci offre la terra e molto diffuso.

L’argilla può essere considerata uno dei simboli dei quattro elementi della Natura stessa, infatti abbiamo la terra ovvero l’argilla che ci da la materia prima, l’acqua con cui viene lavorata per poi essere plasmata, l’aria che serve ad asciugarla e ad indurirla, ed infine il fuoco, che riesce con la sua forza, a renderla forte e resistente.

L’argilla è uno dei materiali più semplici e poveri, e si trovano in natura, gli etruschi la chiamavano il dono degli dei. 

La pratica e l’esperienza fecero scoprire a quegli antichi “artisti” che questi oggetti, se venivano cotti in forni appositi, o anche su fiamma viva, riuscivano ad essere molto più resistenti e che quindi si potevano decorare meglio perché il colore non si spandeva su tutta la superficie della loro creazione. I colori potevano essere applicati direttamente sull’argilla cotta, e le forme potevano essere molto più raffinate.

Al materiale che usciva da questo nuovo procedimento che era la cottura, fu dato il nome di “terracotta”.

Numerosi musei stranieri mostrano le ricchezze del vasellame rinvenuto nelle necropoli di Narce, dal Danish National Museum di Copenaghen al Deutsches Archäologisches Institut di Roma, dalle collezioni etrusche del Chicago Field Museum ai magazzini segreti del Museo Etrusco di Villa Giulia.

La ricchezza di Narce si esplica anche nei reperti dei materiali bronzei della serie dei Prähistorische Bronzefunde, molti dei quali presero il volo per il Museo Nazionale di Berlino. Le tipologie delle spade, dei coltelli, dei rasoi, delle patere baccellate in bronzo, degli strigili, delle asce, delle brocche e delle statue, contemplano la cospicua parte dei rinvenimenti ottocenteschi dalle necropoli di Narce e da quelle dell’Agro falisco. Nell’inverno del 1985 vengono alla luce nella valle delle Rote, alle pendici di Monte Li Santi, dopo le profonde arature dei contadini, i resti di numerosissimi blocchi di tufo e frammenti architettonici e fittili.

I primi sondaggi di scavo della Soprintendenza, tra il 1985 e il 1986, portano alla luce i resti di un complesso monumentale di alto valore storico: il Santuario Falisco ovvero, del Santuario federale dei Falisci, sacro a Giunone Curite.

Nella necropoli di Monte Cerreto, dalla campagna di scavo inglese, viene rinvenuta la “tomba degli ori”, ed il materiale in parte viene conservato al British Museum di Londra, e gli ornamenti e gli “ori”, vengono conservati al Museo Etrusco di Villa Giulia.

Le iscrizioni in etrusco a Narce, ipotizzano la presenza, stabile nel tempo, di una enclave etrusca, in particolare legata all’abitato di Pizzo Piede, nelle cui necropoli si concentra la maggior parte delle iscrizioni.

Nelle necropoli di Narce prevale il rito incineratorio che perdura nella fase avanzata dell’età del ferro, oltre al reiterarsi di alcune azioni nei rituali della deposizione, distinti fra i generi.

Le caratteristiche straordinarie delle sepolture ad incinerazione specialmente di un cavaliere armato permettono di comprendere le incinerazioni di matrice eroica, caratterizzate dalla presenza di armi, scudi, elmi, a Narce ed in altre necropoli dell’ager falisco. Attorno a Narce si estendono diversi nuclei di necropoli le cui tombe hanno restituito una grande quantità di reperti, oggi custoditi all’interno del Museo Nazionale dell’Agro Falisco di Civita Castellana.


Fabio Rossi

da  Le Tombe monumentali del Lago di Bolsena.







































mercoledì, gennaio 27, 2021

MOSTRA online produzione RiciclAlba 2020 - opera 6

Una immagine del cielo viterbese al tramonto, all'uscita dalla piscina,  attraverso gli alberi.
 Impressione visiva dal parcheggio delle Terme dei Papi. 



Bel tempo si spera

Acquarello  su carta Fabriano cm. 31x 23 -
 gennaio 2020 -  opera originale di Alba Montori

 
Arrivederci al 30 gennaio prossimo !
 Alba Montori

venerdì, giugno 14, 2019

Il volo della colomba il 21 giugno...

Ci siamo nuovamente, con l’avvicinarsi del solstizio d’estate , ovvero il 21 Giugno, si ripete a Fabrica di Roma l’appuntamento degli appassionati, degli studiosi e degli amanti della storia e di Falerii Novi , con il fenomeno solare del “ volo della colomba”. 


Uno spettacolare avvenimento che avviene egli equinozi ed ai solstizi, ma che ha il momento più favorevole proprio a Giugno.

Quando all'alba, che quest’anno sarà alle 5,34 , si manifesta, con un raggio di luce che nasce dall’oculo quadrilobato dell’abside centrale della chiesa di S. Maria di Falleri, l’immagine di una colomba che poi prende il volo e gira per buona parte della chiesa, suscitando ammirazione e meraviglia nelle persone presenti.



Un fenomeno che fu scoperto alcuni anni fa da due appassionati locali e che dopo diverse documentazioni fotografiche è diventato un appuntamento fisso per i cultori e per coloro che seguono con interesse le cose insolite e per certi versi anche misteriose della monumentale chiesa cistercense sita a Fabrica di Roma, nel sito archeologico di Falerii Novi.




Chiunque potrà partecipare all’evento, avendo rispetto per la chiesa consacrata, soltanto presentandosi con puntualità e osservando le buone maniere di parcheggiare l’auto nella vicina strada asfaltata e facendo a piedi un centinaio di metri fino alla chiesa.

L’evento al culmine sarà intorno alle 6,15 quando il sole sarà completamente alzato all’orizzonte. Sono ammesse fotocamere ed è possibile girare video, soltanto se non professionali od a scopo di lucro.

La gestione dell’evento è a cura dell’Ufficio Cultura e Turismo del Comune di Fabrica di Roma, eventuali chiarimenti possono essere chiesti telefonando allo 0761/569001 chiedendo appunto, dell’Uff. Cultura-Turismo oppure alla e-mail cultura@comune.fabricadiroma.vt.it .


Ovviamente in caso di cielo coperto o di maltempo l’evento sarà sospeso e l’appuntamento rimandato al 21 settembre od al 21 Dicembre 2019.

lunedì, aprile 15, 2019

OmoGirando Vetralla !

Sabato 27 aprile a Vetralla (VT) ci sarà la visita guidata gay friendly OmoGirando Vetralla!

Lungo la Via Cassia, nel medioevo Via Francigena, sorge il borgo di Vetralla. Una cittadina sconosciuta ai più, oppure ritenuta di scarso interesse. Ma è davvero così?

Scopriamone insieme la storia e i personaggi che hanno lasciato traccia della loro permanenza in un itinerario che toccherà palazzi, chiese, vicoli e… ben due musei, gioielli dell’Alto Lazio: la Casa Museo e il Museo della Città e del Territorio.
Al termine della visita, per chi lo vorrà, ci sarà la possibilità di un extra escursionistico alla scoperta di uno dei rinvenimenti archeologici più interessanti degli ultimi anni: il Santuario di Demetra!

INFO E PRENOTAZIONI
https://omogirando.jimdo.com/le-prossime-uscite/





Vi aspetto!

Vincenzo


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lunedì, maggio 07, 2018

Gli Etruschi, popolo di mare.

“Subito da una nave dai bei fianchi, velocemente apparvero pirati sul mare di colore scuro: erano Tirreni. Li guidava un cattivo destino …”
così l’ ”Inno a Dioniso “ attribuito dagli antichi ad Omero.

La fama di pirati perseguiterà poi i Tirreni o Etruschi per tutto l’arco della loro storia. Fama certamente non usurpata, ma della cosa, d’altronde, non sono immuni tutte le altre marinerie dell’epoca, per le quali il mestiere di pirata non è considerato infamante.

Anche se occorre aggiungere che, ad un più attento esame, scopriamo trattarsi il più delle volte, non di veri e propri atti di pirateria, ma di azioni di guerra da corsa. Quest’ultima riceverà una sua legittimità soltanto in tempi abbastanza recenti ( sec. XVI).

Nell’ “Inno a Dioniso“ l’espressione “una nave dai bei fianchi” ci rivela che, fin dagli albori della civiltà, avviene l’identificazione della nave con un essere vivente dal corpo umanizzato, in particolare femminile. L’innamoramento dei marinai di ogni tempo per la propria nave ha dunque radici assai antiche. Con la medesima espressione il poeta ha voluto anche implicitamente, magnificare il lavoro dei carpentieri nel costruire una giusta curvatura al fasciame dello scafo per una sua migliore tenuta in mare.

Il citato inno continua poi a narrare come questi pirati tirreni catturassero il dio Dioniso, figlio di Sèmele. Ma mal gliene incolse, perché il dio irato li tramutò immediatamente in guizzanti delfini. D’allora questo animale fu sempre sacro alle genti di mare etrusche, che, ogni qualvolta ne scorgevano qualcuno guizzare in eleganti piroette davanti alla prua della loro nave, consideravano ciò di buon auspicio, in quanto in quel momento un antenato li guidava sulle insidiose strade del mare. E il simbolo del delfino guizzante appare in molte pitture parietali di tombe etrusche ad indicare che il proprietario aveva corso l’azzurra avventura sul mare. Che la pirateria etrusca non fosse soltanto frutto delle malevoli insinuazioni dei greci, lo conferma lo storico tedesco Mommsen, che fa risalire proprio ai marinai etruschi l’invenzione dell’uncino, che è poi l’arnese classico per arrembare una nave avversaria. Alla marineria etrusca si deve poi, secondo Plinio, l’abbandono delle arcaiche ancore di pietra e l’adozione di nuove ancore, molto più funzionali, in piombo con robusto scheletro in ferro. L’attribuzione di Plinio agli Etruschi dell’invenzione dell’ancora con marre, contromarre e ceppo ha trovato conferma con il ritrovamento archeologico appunto di un ceppo d’ancora in piombo, il più antico che si conosca, tra i resti del relitto di una nave etrusca, datata al VI sec. avanti Cristo ed affondata al largo di Capo d’Antibes.

Nel bacino orientale del Mediterraneo dei tempi omerici dunque i Tirreni sono abili navigatori che imperversano in quel mare con agili navigli, come confermano altri storici greci, tra cui Ellanico di Lesbo. Essi comunque hanno già fatto la loro comparsa al tempo delle incursioni dei Popoli del Mare contro la terra dei Faraoni.

Nell’ultimo quarto del II millennio avanti Cristo l’Egitto deve fronteggiare ripetuti tentativi d’invasione da parte di popolazioni che provengono dal mare. In quel tempo la tecnica marinaresca ha già raggiunto un sufficiente grado di sviluppo, tale da permettere lo spostamento, per via mare, di interi gruppi etnici.

Sono i Faraoni Merenpthah (1224-1214 A.C.) e Ramses III (1918-1166 A.C.) a fermare prima e respingere poi quello strano ed esplosivo miscuglio di avventurieri e pirati di razze diverse, che passeranno alla storia con il nome di Popoli del Mare.

Un dettagliato elenco di queste popolazioni lo forniscono gli scribi egiziani, che cantano le lodi dei due faraoni vittoriosi. Apprendiamo così trattarsi di Derden, Luka, Akawasha, Tursha, Sheklesh e Sherden. Dietro questa grafia si riconoscono, a giudizio concorde di molti autorevoli studiosi, nomi a noi familiari: Dardani, Lici, Achei, Tusci o Tirreni, Siculi e Sardi.

Dunque i Tursha, citati dagli scribi egiziani, non sono altro che i Tirreni o Etruschi di nostra conoscenza.

Più tardi anche il bacino occidentale del Mediterraneo comincia a diventare oggetto di attente esplorazioni di alcuni gruppi più intraprendenti tra i Popoli del Mare. I Tirreni sono i primi a frequentare quel tratto di mare, che bagna le coste dell’Italia centro-settentrionale e che da loro prenderà appunto il nome. Saranno seguiti successivamente dai Fenici e dai Greci. Probabilmente, in quel medesimo lasso di tempo, altre due etnie già citate, i Sheklesh (Siculi) e i Sherden (Sardi), raggiungono le loro sedi storiche e cioè le isole di Sicilia e Sardegna.

L’annosa querelle della patria originaria degli Etruschi, già posta con insistenza da Erodoto e da Dionigi di Alicarnasso, qui interessa relativamente. Un dato incontrovertibile è che dal IX al VIII sec. a.C. comincia a formarsi quella nazione etrusca sulle coste dell’odierna Toscana, dove insistono notevoli giacimenti minerari. Ed è proprio l’esportazione di questi minerali il fulcro del primo commercio marittimo etrusco. Tale commercio avviene mediante delle caratteristiche navi, che presentano la prora e la poppa arrotondate e simmetriche, e vele fatte di larghe strisce di tessuto colorato. Il modello è forse influenzato da uno più antico, già preesistente alla loro venuta nel mar Tirreno. Non sono da escludere però reminescenze costruttive delle imbarcazioni dei Popoli del Mare.

Strabone ci informa che nel medesimo periodo gli Etruschi esplorano anche il mar Adriatico, il cui nome deriverà appunto da un loro emporio, Adria. In particolare vengono esplorate le bocche del fiume Po, per una sua eventuale utilizzazione come via commerciale dei prodotti provenienti dal nord, quali ambra ed oro. Cosa che avverrà puntualmente in seguito, con grosse remunerazioni per chi vi si dedica.

Un’arcaica scultura di una tomba di Vulci, raffigurante un uomo a dorso di un cavallo marino, testimonia con tale simbologia la persistenza in quel tempo di contatti anche con l’isola di Minosse, Creta.

LA TALASSOCRAZIA ETRUSCA

Nel periodo di massima espansione della potenza navale etrusca, VII e VI sec. a.C., in cui si può parlare di vera e propria talassocrazia sul Tirreno, cominciano a far la comparsa pitture tombali aventi a soggetto le loro navi da guerra. Il modello è sempre quello arrotondato, la propulsione è dovuta, oltre all’albero con la vela dai caratteristici riquadri colorati, ad un solo ordine di remi. Questo tipo di nave da guerra presenta, al pari delle coeve greche, la particolarità del rostro, che non è il prolungamento acuminato della chiglia e pertanto semisommerso, ma si trova più in alto e sembra applicato esternamente allo scafo. Ciò lascerebbe intendere che lo stesso servisse per un solo speronamento da effettuarsi nella parte alta dello scafo avversario, dove più debole era il fasciame. Dopo di che, una volta verificatosi lo speronamento, il rostro, per la sua stessa tecnica di costruzione, si distaccava, permettendo così alla nave etrusca di manovrare per allontanarsi e non farsi trascinare nell’affondamento della nave avversaria.
Di Adri08 - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16159447
Questa tecnica di combattimento viene abbandonata verso la fine del VI sec. a.C., quando comincia a solcare il mare una nave da guerra etrusca, che presenta due ordini di remi (bireme) e la particolarità innovativa, forse copiata dai Fenici, di avere uno spazioso ponte di combattimento rialzato, il quale permette il trasporto di un congruo numero di arcieri e di fanti. Il rostro questa volta è più robusto, essendo il prolungamento della chiglia, perché si vuole agganciare in modo stabile la nave avversaria per poter fare agire gli arcieri e la fanteria. Tattica presa poi a modello dalle armate navali romane, che, poco manovriere, cercheranno sempre di applicare questa tecnica di combattimento, più terrestre che marinara. Le navi di Caio Duilio al tempo dello scontro di Milazzo ne saranno il perfezionamento. A questo tipo di nave da guerra costruito dai cantieri etruschi, si deve con buone probabilità la vittoria sui Greci nelle acque della Sardegna intorno al 537 avanti Cristo. Questa battaglia navale è una delle prime della storia della marineria. Tucidide ne accenna soltanto, Erodoto ce ne informa con dovizia di particolari.

Lo scontro avviene dunque al tempo delle guerre persiane e la sua genesi dimostra che già allora eventi politico-militari, pur accadendo in posti lontanissimi tra loro, erano interdipendenti.

I Greci dell’Asia Minore si ritirano di fronte alle preponderanti forze persiane. Anche gli abitanti di Focea, presso Smirne, abbandonano la loro città-stato ormai indifendibile e si imbarcano sulle loro navi a cinquanta remi, venticinque per lato ( il famoso pentecontero).

Dopo aver lungamente navigato, sbarcano sulle coste dell’isola di Cirno, l’odierna Corsica, dove vent’anni prima altri Focesi hanno fondato la città di Alalia. Gli storici narrano che essi successivamente si siano dedicati alla pirateria, venendo per questo motivo attaccati. Ma il vero motivo è evidentemente un altro. Infatti in quel periodo Etruschi e Cartaginesi cercano di consolidare il loro predominio nel bacino occidentale del Mediterraneo. Predominio che viene messo in discussione dalle ultime ondate migratrici dei Greci dell’Asia Minore.

Da questa convergenza di interessi contro un comune nemico, nasce un trattato di alleanza tra Etruschi e Cartaginesi, che, oltre a precise norme per evitare una pericolosa concorrenza commerciale marittima, prevede una forma di lega navale. Il mar Tirreno viene lasciato all’influenza etrusca, mentre tutta la restante parte del Mediterraneo occidentale resta ai Cartaginesi. Delle grandi isole tirreniche, la Corsica è assegnata agli Etruschi, mentre la Sardegna ai Cartaginesi, che con il loro generale Malco conducono una spietata repressione contro le popolazioni ribelli. La colonia focese di Alalia, rinforzata dai nuovi elementi, rappresenta quindi una spina nel fianco, che va eliminata ad ogni costo. Motivo di non secondaria importanza della crisi dei rapporti, sfociato poi in conflitto armato, tra Focesi ed Etruschi è anche la scoperta da parte di quest’ultimi di territori, precisamente a Monte Valerio e alle Cento Camerelle, con ricchi giacimenti minerari ad altissimo tenore di stagno puro (50% – 70%). La scoperta, con conseguente veloce commercializzazione del materiale, fa entrare rapidamente in crisi la vecchia rotta dello stagno, controllata e monopolizzata da elementi greci, che parte dalle lontane isole inglesi della Manica. Da qui la guerra, essendo non più necessaria l’intermediazione dei piloti greci. Pertanto nell’anno 537 avanti Cristo una flotta congiunta etrusco-cartaginese, forte di 120 navi, incrocia nelle acque sarde per snidare i Focesi; questi ultimi, pur avendo soltanto 60 navi, accettano spavaldamente la battaglia. Lo scontro è durissimo, ed è forse deciso, come abbiamo accennato, dalla superiorità delle biremi etrusche sui penteconteri greci ad un solo ordine di remi.

Erodoto, storico affidabile, scrive testualmente che i Focesi riportano “una vittoria cadmea”, cioè a caro prezzo e che quindi strategicamente si rivela una vera e propria sconfitta. Infatti i Focesi, pur restando padroni del campo, ed è forse questo il motivo per cui gli storici greci parleranno impropriamente di vittoria, perdono, tra affondate e catturate, oltre quaranta navi, mentre le venti superstiti escono assai malconce dallo scontro, avendo perfino i rostri ripiegati, e quindi non immediatamente utilizzabili per un’eventuale nuova offensiva.

Il risultato è che la Corsica cade definitivamente sotto il dominio degli Etruschi, che continueranno, al pari dei predecessori, ad esigere come tributi cera, miele e soprattutto pece, elemento strategico di prim’ordine per i cantieri delle loro flotte. Frattanto i Focesi, imbarcatisi sulle navi superstiti, si dirigono verso le coste dell’Italia meridionale, dove a sud di Paestum fondano una nuova città, Hyele (Velia).

L’unico elemento stonato dell’intera vicenda, che macchia irreparabilmente una bella pagina di storia marinara, è la lapidazione a morte degli equipaggi focesi delle navi catturate. L’eccidio avviene sulla spiaggia di Agilla (Cere, poi Cerveteri), città che ha fornito la maggioranza degli equipaggi alle navi etrusche. Unica attenuante è che a perpetrare la strage è probabilmente la popolazione civile, forse incattivita da precedenti scorrerie piratesche dei Focesi. Questa vittoria, fermo restando il contributo determinante dei Cartaginesi, non deve far pensare che la talassocrazia etrusca fosse basata sull’esistenza di una comune grande flotta delle potenti città della Confederazione sacrale dell’Etruria, ma piuttosto sulla convergenza degli interessi, per lo più commerciali, delle città rivierasche di Cerveteri, Tarquinia, Vetulonia e Populonia, che uniscono momentaneamente le loro flotte ogni qualvolta se ne ravvisi la necessità.

Dopo la vittoria sui Focesi, è il momento culminante del commercio marittimo etrusco. La nuova e più breve rotta dello stagno, tracciata dalle navi etrusche, si distende dal Tirreno, con i suoi punti di forza nei porti di Populonia, Caere e Pirgi, fino alle città della Fenicia. Questa rotta diventa poi del ferro, minerale strategico di primaria importanza, allorché vengono scoperte le ricchissime miniere dell’isola di Elba, chiamata quindi Aethalia, cioè terra dei fuochi, per via dei rudimentali altiforni, che illuminano notte e giorno le coste. Insediati a cavallo dei due mari, Adriatico e Tirreno, essi dunque controllano e commerciano le materie strategiche del tempo, quali il ferro dell’Elba, il rame di Volterra e l’argento di Populonia. Le navi, che coniugano allo stesso tempo commercio e pirateria, portano ad accumuli rapidi e smisurati di ricchezza, che fanno vivere le popolazioni in un lusso insensato. Gli immensi boschi del territorio dei Volsci, che ricadono sotto l’influenza degli Etruschi, assicurano ai cantieri navali di quest’ultimi tutto il legname necessario per la costruzione di nuove e sempre più potenti navi. Un’iscrizione, ritrovata recentemente, conferma la perizia dei marinari etruschi di quel tempo.

Si accenna ad una flotta di Tarquinia, che naviga alla volta della Sicilia, non secondo l’usuale tecnica della navigazione costiera, ma tagliando direttamente per il mare aperto, con ciò accorciando notevolmente la durata del viaggio. Questo modo di navigare implica una buona padronanza delle tecniche di lettura della volta celeste per l’orientamento sulla rotta da tenere.

All‘apice della loro talassocrazia i porti etruschi sono degli empori commerciali cosmopoliti di prim’ordine. In un santuario di Gravisce, l’antico porto di Tarquinia, si sono ritrovati numerosi ex-voto di marinai; molti di essi sono greci provenienti da Efeso, Samo e Mileto. Ciò a conferma che tra Greci ed Etruschi non fu sempre e soltanto guerra e che i viaggi tra l’Etruria e l’Asia Minore sono, se non normale amministrazione, perlomeno frequenti. Tra gli ex-voto di ringraziamento agli dei si sono ritrovate delle ancore arcaiche formate da grossi blocchi di pietra. Su una di esse vi è una iscrizione greca, che recita: “ Sono di Apollo Egineta – Sostrato mi dedicò”.

Anche sull’altro mare, quello Adriatico, si svolge un intenso commercio, principalmente lungo la direttrice collegante le etrusche Spina e Adria alla greca Corcira.

L’abilità marinaresca di queste genti avrebbe portato poi, secondo lo storico Mommsen, le loro navi a varcare le mitiche colonne d’Ercole e a scoprire nelle acque atlantiche le isole Canarie. La fondazione di un emporio su quelle isole felici viene contrastata ed impedite dai Cartaginesi, che, rivendicando l’antico trattato di alleanza, ritengono quelle acque cadere nella loro sfera d’influenza.

Il boom del commercio etrusco è dovuto all’utilizzo di un nuovo tipo di naviglio mercantile, che solca in quel tempo i mari. Pur rassomigliando notevolmente, per la forma dello scafo, a quello coevo greco, ha una notevole innovazione tecnica, presentando l’armamento veliero con due alberi. Questo significa che in analoghe condizioni di vento favorevole, la nave etrusca avrebbe distaccato di molto quella greca, cosa determinante nella spietata concorrenza marittima.

Per tutto il V sec. a.C. si conferma e si rafforza l’alleanza etrusco-cartaginese, come testimonia il ritrovamento delle tre lamine d’oro con testo bilingue, in cui il re dell’etrusca Caere rende omaggio alla fenicia dea Astarte. Un po’ più a nord di Pyrgi, il più noto dei tre porti di Caere, vi è poi un emporio prettamente fenicio perfino nel nome: Punicum, l’odierna Santa Marinella.

L’influenza cartaginese si fa sentire anche sul modo con cui vengono decorate le prue delle navi, che quasi sempre richiamano una testa di animale, in particolare il cavallo, che non è altro poi che l’emblema di Cartagine; comunque non sono da escludere in questo caso reminiscenze dovute a un primitivo modello di nave italico del tipo Novilaro e sardo.

Verso sud, nel territorio dei Volsci meridionali, sicuro ancoraggio soltanto per gli Etruschi, è il porto di Anzio, i cui abitanti sono famosi pirati, talmente feroci da alimentare per secoli la leggenda presso i marinai greci che quello fosse il lido dei Lestrigoni.

Nell’Italia meridionale capisaldi della marineria etrusca sono il promontorio sorrentino con l’isola di Capri e il munito porto fluviale dell’etrusca Pompei alle foci del Sarno.

http://www.cosedimare.com/2012/03/la-marinea-etrusca/

mercoledì, aprile 11, 2018

OmoGirando 'L’antichissima città di Sutri'! Domenica 15 aprile.

Carissime/i OmoGiranti!

Domenica 15 aprile a Sutri, in provincia di Viterbo, abbiamo organizzato la gita guidata gay friendly OmoGirando 'L’antichissima città di Sutri'!

Una gita fuori porta con guida turistica e pranzo al sacco alla scoperta di Sutri! 

Non solo le tombe sulla Cassia e l'anfiteatro romano, ma molto di più.
Una serie di monumenti meno conosciuti, dalla cattedrale romanica a Villa Savorelli, dal Mitreo al "Castello di Carlo Magno", andando anche a visitare l'interessante mostra "Sutri, Vulci e i misteri di Mitra"!
 
Info e prenotazioni
https://omogirando.jimdo.com/le-prossime-uscite/


Vi aspettiamo!

Tiziana e Vincenzo

____________

info@omogirando.it
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sabato, marzo 03, 2018

L'itinerario da Cadice a Roma sui 4 bicchieri d'argento da Vicarello

Da  VERBA VOLANTE MONUMENTA MANENT


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I quattro bicchieri in argento (detti di Vicarello) furono scoperti nel 1852, quando venne demolito il vecchio stabilimento termale di Vicarello (Lazio) per costruirne uno più moderno.

 Furono rinvenuti all’interno di una fenditura nella roccia da cui sgorgano le acque termali, insieme ad un “tesoro”, costituito da circa 5.000 monete in bronzo di origine greca, etrusca e romana.

 Datati al III secolo d.C., sono di forma cilindrica e portano inciso sulla parte esterna l’itinerario via terra da Gades (Cadice) a Roma (Itinerarium gaditanum), con l’indicazione della varie stazioni intermedie (mansio) e le relative distanze. 
continua a leggere)

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Itinerarium Gaditanum

venerdì, febbraio 23, 2018

OmoGirando 'L'antichissima città di Sutri' - Domenica 25 febbraio

Carissimi/e OmoGiranti,

Domenica 25 febbraio a Sutri, in provincia di Viterbo, abbiamo organizzato per voi la visita guidata gay friendly OmoGirando 'L’antichissima città di Sutri'!

Una gita fuori porta con guida turistica e pranzo al sacco alla scoperta di Sutri! Non solo le tombe sulla Cassia e l'anfiteatro romano, ma molto di più. Una serie di monumenti meno conosciuti, dalla cattedrale romanica a Villa Savorelli, dal Mitreo al "Castello di Carlo Magno", andando anche a visitare l'interessante mostra "Sutri, Vulci e i misteri di Mitra"!


Info e prenotazioni
https://omogirando.jimdo.com/le-prossime-uscite/

Vi aspettiamo a Sutri!

Vincenzo e Tiziana

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info@omogirando.it
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giovedì, dicembre 21, 2017

Mostra fotografica per le feste natalizie a Fabrica di Roma.

Su una dozzina di pannelli di grande formato saranno esposte le foto del paese e dei suoi abitanti, le più significative tra quelle recuperate e conservate presso l'Archivio del Circolo Artistico Fotografico (CAF) di Fabrica di Roma.

Questa associazione da oltre trenta anni promuove attraverso le immagini del passato e del presente le particolarità e le eccellenze del territorio locale e possiede un archivio di foto, tra antiche, vecchie e nuove, di molte centinaia di migliaia di immagini.

Per il Natale 2017 il Comune di Fabrica ha voluto ripercorrere e consolidare la vecchia tradizione di far ritrovare assieme tanti dei suoi cittadini, a osservare e commentare le foto di parenti e amici, a ricordare usi, costumi e paesaggi ormai modificati dal tempo.

Particolarmente affascinante la sezione riservata alle scuole ed alle scolaresche dove si possono trovare e vedere immagini di " penna e calamaio", attraverso foto di gruppi di scolari, dagli anni venti fino a qualche decennio fa.


Al termine del periodo natalizio la mostra sarà a disposizione delle scolaresche locali con una guida per le spiegazioni.

Mostra Fotografica
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Fabrica dal 1900….
Un viaggio tra le immagini di un secolo
dalla raccolta del CAF
Circolo Artistico Fotografico di Fabrica di Roma
Accademia Fotografica Italiana

Sala Mostre Palazzo della Biblioteca
Da Sabato 23/12/2017 a Domenica 7 /1/2018

Inaugurazione Sabato 23/12/2017 ore 12,00

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venerdì, giugno 16, 2017

solstizio d'estate 2017 - EVENTO a FABRICA

Tre foto che  spiegano meglio delle parole le magie e l’atmosfera che si  crea nella Chiesa di S. Maria di Falleri al prossimo solstizio d’estate del 21 Giugno.
Diversi appassionati  negli anni passati hanno fatto una  “levataccia” per vedere questa   mistica mattinata,  dall’alba fino al sole alto, nella chiesa cistercense a Fabrica di Roma. Ampiamente ripagati dalle sensazioni che si provano a vedere uno spettacolo simile, con allineamenti solari, proiezioni di figure, strani giochi di luce e tanto  ancora da osservare e da scoprire.

Bisogna presentarsi  all’alba alla cancellata della chiesa, alle  cinque e venti del 21 Giugno e trattenersi per almeno un paio di ore.
La levata del sole sarà alle  ore 5,33, ovviamente il tutto se sarà una giornata  con il cielo limpido altrimenti appuntamento al  21 di Settembre.  Sarete sicuramente ripagati .
Qualcuno vi spiegherà i fenomeni   e vi farà  osservare  cose particolari...

Ingresso assolutamente libero.
L’evento è proposto e realizzato dall’Ufficio Cultura del Comune di Fabrica di Roma


               


martedì, maggio 30, 2017

Carri e carrelli nell'antichità

Il carro, carrus o carrum, veicolo a due o quattro ruote,dedicato al trasporto di merci o di persone, ha origini contemporanee a quelle della ruota, che venne infatti utilizzata nel carro per rendere quest'ultimo un valido strumento artigianale ed agricolo nella civiltà mesopotamica.
Il primo carro accertato nei documenti mesopotamici, risalente al 3000 a.C.è riconoscibile in un bassorilievo ad Ur chiamato il carro dei felini, costituito da ruote piene a tre settori, con asse e ruota solidali ed un perno fissato ad un telaio, che nel caso dei carri funebri, raggiunse la dimensione di 50 cm per 65 cm.
Intorno al 2000 a.C. compaiono in Persia i primi carri dotati di ruote a raggi. In Italia fu introdotto nell'età del bronzo, il cosiddetto plaustrum di uso agricolo, a cui succedette il carro etrusco che evidenziava provenienze orientali, il quale a sua volta passò dagli Etruschi ai Romani che lo usarono anche nelle competizioni circensi.

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Carrello bruciaprofumi in bronzo, sec. VIII, dalla necropoli di Olmo Bello

Gran parte dei carri dell'antichità, sia in Europa sia in Oriente, furono costruiti senza trascurare l'aspetto estetico e quindi abbondarono di decorazioni, quali pitture e rilievi. Nel periodo orientalizzante in Etruria compare il classico cocchio da guerra su due ruote con cassa chiusa sul davanti e manubri (biga, quadriga ,triga).

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Carrello bruciaprofumi etrusco zoomorfico sec Vlll a.C
Metropolitan Art Museum  -   Provenienza non specificata

 Il veicolo utilizzato moltissimo nella vita terrena compare in miniatura come carrello bruciaprofumi (thymiaterion) per essere usato nell'attività collegata alla vita ultraterrena cioé nelle cerimonie di culto, come dono votivo, poichè esalava fumi ed essenze profumate che miravano a creare un collegamento ideale tra il mondo umano e quello divino. Dovevano far parte della suppellettile dei santuari, sotto forma di esemplari più o meno pregevoli per il valore della materia adoperata (terracotta, bronzo o argento) e per l'eleganza della forma, delle proporzioni, della varietà di tipi che è conciliabile con la forma di una scatola (pyxis), atta a contenere la brace su cui bruciare l'incenso, e munita di coperchio, necessariamente forato.
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 Carrello bruciaprofumi   Sec. V a.C.    ex -Cecoslovacchia

Usati anche nei riti funerari i carrelli erano pertinenti ai corredi funebri femminili, legando in tal modo la donna alla sfera del quotidiano e del banchetto.
 Le più antiche testimonianze di bruciaprofumi ci sono fornite da rilievi funerari egiziani,poi per influsso delle civiltà orientali diventa un'usanza abbastanza diffusa.

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Carrello bruciaprofumi      Sec V a.C     Serbia

 I tipi più antichi in Italia sono quelli rinvenuti nelle antiche necropoli bolognesi: alcuni piccoli recipienti di lamina di bronzo ribattuta, di forma sferoidale schiacciata, muniti di coperchio con pomello, e di catenella di una certa lunghezza, oppure come una scatola a tronco di cono, traforata, con coperchio e pomello a fiore di loto, e catenella a nastro snodato(vetulonesi)o addiritura piccoli tripodi di bronzo, variamente decorati all'intorno e sormontati da un piattello convesso.
Gli Etruschi utilizzano la ginestra, il laudano, il pino, il mirto, l’incenso nei bruciaprofumi.

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Carrello bruciaprofumi celtico ?  Metà sec IV a.C.  Orãstie,, Transilvania, Romania

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Carrello bruciaprofumi    Sec l a.C     Acholshausen

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Carrello bruciaprofumi    Larnaka Cipro  sec Xl a.C (?)   Antikensammlung Berlin Misc

da  Marika-Monica Bianco

martedì, ottobre 04, 2016

conferenza all'infopoint di Fabrica


Aquae in Agro: l'acqua al servizio dell'uomo
Archeologa Francesca Rizzo

Sabato 8 ottbre 2016 ore 17:00 presso l'Info Point Fabrica di Roma - Ingresso Gratuito

mercoledì, giugno 22, 2016

VALORIZZAZIONE DELLA NECROPOLI FALISCA DI LOCALITA' VALLECCHIA - FABRICA DI ROMA (Viterbo)

dalla Segreteria Presidente Renzi   -  7 giugno 2016  - a me

Grazie per aver scritto a bellezza@governo.it!
Info e aggiornamenti:
http://www.governo.it/approfondimento/bellezzagovernoit/4793

Saluti sinceri,

La Segreteria del Presidente del Consiglio dei Ministri
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PROGETTO FONTANA ANTICA IN LOCALITA' VALLECCHIA: VALORIZZAZIONE DELLA NECROPOLI FALISCA DI LOCALITA' VALLECCHIA - FABRICA DI ROMA (Viterbo)

LUOGO:  Comune di Fabrica di Roma, Provincia di Viterbo, Lazio

Si segnala il progetto culturale "Fontana Antica" volto al recupero, la valorizzazione e la fruizione del complesso funerario monumentale situato nel territorio del Comune di Fabrica di Roma in Località Vallecchia, rappresentato da una necropoli rupestre con emergenze visibili di tombe a camera con portico.
La Necropoli, già oggetto di un progetto di Valorizzazione e fruizione turistica da parte del Comune di Fabrica di Roma e altresì di un protocollo d'intesa fra il  Comune di Fabrica di Roma, la Soprintendenza archeologia del Lazio e dell'Etruria meridionale e l'Università degli Studi della Tuscia, si trova immersa in un contesto naturalistico di pregio ed altamente biodiversificato lungo un percorso ciclonaturalistico permanente denominato "GiroFabrica in MountainBike" che s'intende potenziare con l'iniziativa in oggetto mediante la sistemazione dei percorsi già esistenti e l'apposizione di cartellonistica.

L'iniziativa prevede inoltre l'allestimento presso la sede espositiva dell'Info point turistico comunale  (http://www.infopointfabricadiroma.org/ ) di una mostra dedicata alla necropoli di località Vallecchia e alla storia del territorio di Fabrica di Roma, volta alla diffusione e al potenziamento dell'offerta turistico-culturale della città e del suo territorio, con benefiche ricadute in termini di diffusione culturale.

Prima campagna di scavo nella necropoli falisca in Località Vallecchia - Fabrica di Roma 


Fabrica di Roma: conclusa la prima campagna di scavi