GLI SCAVI DI NARCE...E GLI ETRUSCO-FALISCI...
CRONACA DEL DEPISTAGGIO ...DI SCAVI ABBANDONATI ...E ANCHE DELLA DISTRUZIONE DI ANTICHI E "SCOMODI" REPERTI ARCHEOLOGICI
Le tombe a camera, a pozzo, e quelle scavate sulla rupe tufacea indicano sia presenze etrusche sia di altre etnie, già nella tarda Età del ferro. Provenienti dall’Argolide, insediati a Falerii Veteres, erano queste le presenze dei Falisci.
Menzionati dallo scrittore Strabóne, la storia dei Falisci è legata a quella degli Etruschi dei quali diventano ben presto alleati e, a partire dal V sec. a.C. iniziano insieme, le lotte contro Roma. La vicinanza dei Falisci con gli Etruschi, è tale da essere inclusi da Tito Livio, tra i popoli etruschi partecipanti ai concili federali delle dodici Nazioni dello Stato dell’Etruria presso il Fanum Voltumnae, il santuario nazionale degli Etruschi.
A est di Mazzano Romano, si notano i ruderi di un insediamento falisco del IX secolo a.C., l’insediamento di Narce, dall’impronta etrusca, e molto più antica di quella di Falerii Veteres.
L’abbondanza di sepolture riferibili all’età del Ferro a Narce, fa intendere l’importanza e la grandezza di ciò che non sarà più chiamato insediamento ma città prestigiosa etrusca.
Gli scavi archeologici dell’Ottocento, vennero effettuati nelle proprietà del duca Filippo Massimiliano Del Drago Biscia Gentili, II principe di Mazzano ed Antuni (Roma, 4 marzo 1824 – Roma, 21 aprile 1913) e sposo di Maria Milagros Muñoz y Borbon, marchesa di Castillejo.
Le proprietà dei due nobili, coincidevano con l’estensione dei territori dei due comuni di Mazzano e di Calcata. Indagini archeologiche condotte nelle vicinanze del fiume Treja in località Narce hanno scoperto numerose statuette e teste votive, oltre ad appurare la conoscenza dei più antichi riti di fondazione, che hanno portato la terra italica al risveglio dalla notte della Preistoria.
Vengono rinvenute ventidue necropoli distribuite sui pendii circostanti i tre nuclei dell’abitato: Narce, Monte Li Santi e Pizzo Piede.
A La Petrina viene addirittura scoperto un Tempio, il cui scavo del 1891 venne inspiegabilmente interrotto.
Le antichità di Narce, rinvenute dagli archeologi e dagli affiancatori tombaroli, vengono esposte nel 1892 nel grande emiciclo del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e vengono incluse nella guida archeologica “Italia Antica: Dall’Età Paleolitica agli Etruschi e Romani” di Alessandro Della Seta, che costituisce la prima edizione di quello che sarà il Catalogo-Presentazione dei materiali provenienti dalla necropoli, dal titolo “I Tufi di Narce”. Sarà solo l’avvento della Seconda Guerra Mondiale a comportare lo smontaggio delle vetrine e il definitivo immagazzinamento dei materiali.
Gli scavi si concentrarono a partire dal febbraio del 1933 sul pianoro di Pizzo Piede e portarono alla scoperta di un santuario della città di Narce, di tracce delle mura di difesa dell’abitato, della via lastricata d’accesso, oltre ad alcune evidenze funerarie.
Oltre alla via lastricata, venne identificata la via Narcense che è tutt’ora l’antica strada lungo la valle del Treja, tra i boschi, che collega, Narce con Falerii Veteres, capitale dell’Ager Faliscus.
Tra il 1962 e il 1963 si consuma uno scempio archeologico che danneggerà per sempre il prestigioso sito di Narce, il più antico della zona. Si tratta della costruzione della strada provinciale 17/b Mazzano – Calcata. Gli ingenti lavori per la costruzione della strada, portarono a sventrare con profondi sbancamenti, ottenuti mediante l’utilizzazione di dinamite, la necropoli de La Petrina in corrispondenza del nucleo sommitale, e comportarono la distruzione del viadotto etrusco di collegamento tra Narce e Monte Li Santi.
Costruito presumibilmente nel corso del VI secolo a.C., questo poderoso monumento di ingegneria e di urbanistica, costruito in blocchi di tufo perfettamente squadrati, alto in origine più di quaranta metri, conservava una cospicua porzione rivenuta “intatta e ben
conservata” al tempo dei primi scavi di Narce.
Eppure, nell’agro falisco, vennero rinvenute anche una necropoli ed una opificio per la lavorazione delle tegole di età repubblicana. Il quadro dei ceramisti del VII secolo a.C. è arricchito a partire dal 1974 dalle scoperte di pitture riconducibili al pittore di Narce.
La bravura del ceramografo di Narce, si riscontra nel rinvenimento sul mercato antiquario di pregevoli opere per un totale di dodici vasi, sottratti dalle necropoli di Narce.
Alcuni rari ceramisti con bottega nelle aree di Mazzano Romano e di Calcata ancora oggi usano le antiche tecniche vecchie di secoli, lavorano la creta, l’argilla, vengono chiamati pignattari, poiché specializzati nel modellare le pignatte al pari dei vasai etruschi chiamati figuli, che modellavano la ceramica rossa.
È antichissima la consuetudine di modellare con l’argilla il vasellame, i mattoni, le tegole e le statuette votive.
La terracotta o ceramica, poiché il termine deriva dal greco Keramos cioè argilla, deriva appunto da questo materiale naturaleche ci offre la terra e molto diffuso.
L’argilla può essere considerata uno dei simboli dei quattro elementi della Natura stessa, infatti abbiamo la terra ovvero l’argilla che ci da la materia prima, l’acqua con cui viene lavorata per poi essere plasmata, l’aria che serve ad asciugarla e ad indurirla, ed infine il fuoco, che riesce con la sua forza, a renderla forte e resistente.
L’argilla è uno dei materiali più semplici e poveri, e si trovano in natura, gli etruschi la chiamavano il dono degli dei.
La pratica e l’esperienza fecero scoprire a quegli antichi “artisti” che questi oggetti, se venivano cotti in forni appositi, o anche su fiamma viva, riuscivano ad essere molto più resistenti e che quindi si potevano decorare meglio perché il colore non si spandeva su tutta la superficie della loro creazione. I colori potevano essere applicati direttamente sull’argilla cotta, e le forme potevano essere molto più raffinate.
Al materiale che usciva da questo nuovo procedimento che era la cottura, fu dato il nome di “terracotta”.
Numerosi musei stranieri mostrano le ricchezze del vasellame rinvenuto nelle necropoli di Narce, dal Danish National Museum di Copenaghen al Deutsches Archäologisches Institut di Roma, dalle collezioni etrusche del Chicago Field Museum ai magazzini segreti del Museo Etrusco di Villa Giulia.
La ricchezza di Narce si esplica anche nei reperti dei materiali bronzei della serie dei Prähistorische Bronzefunde, molti dei quali presero il volo per il Museo Nazionale di Berlino. Le tipologie delle spade, dei coltelli, dei rasoi, delle patere baccellate in bronzo, degli strigili, delle asce, delle brocche e delle statue, contemplano la cospicua parte dei rinvenimenti ottocenteschi dalle necropoli di Narce e da quelle dell’Agro falisco. Nell’inverno del 1985 vengono alla luce nella valle delle Rote, alle pendici di Monte Li Santi, dopo le profonde arature dei contadini, i resti di numerosissimi blocchi di tufo e frammenti architettonici e fittili.
I primi sondaggi di scavo della Soprintendenza, tra il 1985 e il 1986, portano alla luce i resti di un complesso monumentale di alto valore storico: il Santuario Falisco ovvero, del Santuario federale dei Falisci, sacro a Giunone Curite.
Nella necropoli di Monte Cerreto, dalla campagna di scavo inglese, viene rinvenuta la “tomba degli ori”, ed il materiale in parte viene conservato al British Museum di Londra, e gli ornamenti e gli “ori”, vengono conservati al Museo Etrusco di Villa Giulia.
Le iscrizioni in etrusco a Narce, ipotizzano la presenza, stabile nel tempo, di una enclave etrusca, in particolare legata all’abitato di Pizzo Piede, nelle cui necropoli si concentra la maggior parte delle iscrizioni.
Nelle necropoli di Narce prevale il rito incineratorio che perdura nella fase avanzata dell’età del ferro, oltre al reiterarsi di alcune azioni nei rituali della deposizione, distinti fra i generi.
Le caratteristiche straordinarie delle sepolture ad incinerazione specialmente di un cavaliere armato permettono di comprendere le incinerazioni di matrice eroica, caratterizzate dalla presenza di armi, scudi, elmi, a Narce ed in altre necropoli dell’ager falisco. Attorno a Narce si estendono diversi nuclei di necropoli le cui tombe hanno restituito una grande quantità di reperti, oggi custoditi all’interno del Museo Nazionale dell’Agro Falisco di Civita Castellana.
Fabio Rossi
da Le Tombe monumentali del Lago di Bolsena.
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