ARTE E CREATIVITA'

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venerdì, marzo 28, 2025

Proroga fino al 26 aprile della mostra Il blu del cielo- La trasfigurazione della materia nell'arte

 



La mostra d’arte contemporanea

  Il blu del cielo-La trasfigurazione della materia nell’arte

in esposizione nei locali del Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana”

siti in via Bernardo Mattarella N° 64 a Bagheria (Palermo), 

e comprendente opere di nove artisti, 

Carmela Corsitto, Marco Danese, Juan Esperanza, Cinzia Farina, Michele

Lambo, Giuseppina Riggi, Marisa Sapienza, Fabio Sciortino, Nuccio Squillaci

viene prorogata fino al 26 aprile.


Nel suo finissage il prof. Tommaso Romano presenterà il libro di Piero Montana

Saggio sulla trasfigurazione della materia nell’arte.

Con questo suo nuovo lavoro l’autore si propone di dare una visione dell’arte alternativa 

ossia del tutto aliena allo spirito del tempo.

Nel far ciò indirizza pertanto la sua riflessione sull’opera di filosofi spiritualisti e

pensatori della tradizione, quali Pavel Florenskij, Hans Sedlmayr, Ananda

Coomaraswamy ed Elémire Zolla, che in diverse loro opere si sono occupati d’arte.

Ma una tale riflessione porta pure Montana a ricercare le origini dell’arte nel recinto

del sacro. Essa infatti non è nata affatto per un suo utilizzo profano, che è solo quello 

in cui la modernità ha finito per destinarla.

Di tali origini l’autore del libro porta a testimonianza quello che mai i teorici

moderni dell’arte hanno menzionato, l’Asclepio di Ermete Trismegisto e Il libro delle

sette statue, opera del tutto obliata di Apollonio di Tiana.

Nella perdita del Centro, che per Hegel era Dio, e che viene a caratterizzare i tempi

moderni, la desacralizzazione del mondo non può che comportare oggi anche la

perdita di quell’elemento spirituale, che da sempre pure era insito nell’arte.

Se l’arte per Hegel muore, è perché di tale elemento la modernità fa volentieri a

meno, finendo così per avviarla nel suo attuale processo di reificazione.


 Questa tesi tuttavia per Montana non è condivisibile, perché la perdita di Centro

non è la morte della Luce o dello Spirito, ma una loro decentralizzazione ai margini,

da cui una tale luce spirituale, insita certo anche nelle opere d’arte, continua oggi ad

essere irradiata.

A dimostrazione di ciò, in questo suo libro l’autore viene a soffermarsi sui lavori

degli artisti presenti in questa mostra, ideata per essere da supporto ad una

concezione spirituale dell’arte, che si oppone paradossalmente anche al nichilismo

di quanti in passato l’hanno voluta e nel presente continuano a darla per spacciata.


La mostra  Il blu del cielo-La trasfigurazione della materia nell’arte potrà essere

visitata tutti i giorni, compresi i festivi, dalle 17 alle ore 20.


CENTRO D’ARTE E CULTURA “PIERO MONTANA”

BAGHERIA

CELL. 3886416109

Email: montana.piero@libero.it

giovedì, dicembre 12, 2024

PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI PIERO MONTANA “ERESIA E MAGIA NELL’OPERA EROTICA DI RANIERO ALLIATA DI PIETRATAGLIATA PRINCIPE DEL SACRO ROMANO IMPERO”


SABATO 14 DICEMBRE ALLE ORE 17,30

 CENTRO D’ARTE E CULTURA “PIERO MONTANA”

BAGHERIA (PA)



 Sabato 14 dicembre alle ore 17,30 nei locali del Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana”, siti in via Bernardo Mattarella n 64 a Bagheria (Palermo) sarà presentato dal prof. Tommaso Romano il libro di Piero Montana "Eresia e magia nell’opera erotica di Raniero Alliata di Pietratagliata Principe del Sacro Romano Impero".

Se già dell’Alliata si avevano sue notizie biografiche nel libro "Il principe mago" di Ben Parodi riguardo alle sue incursioni nell’occulto (sedute spiritiche e trance medianiche), é invece alla produzione artistica, consistente per lo più in tempere, disegni e tecniche miste, che si viene a soffermare l’attenzione di Piero Montana, che non è alla sua prima esperienza per quanto riguarda una indagine accurata sul mondo della magia e del mistero, avendo già scritto dei libri a riguardo, nell’occuparsi, in particolar modo, degli elementi alchemici ed esoterici di Villa Palagonia.

Ebbene nelle opere pittoriche e grafiche dell’Alliata, pregne di un gioioso erotismo, Montana, in un’analisi assai dettagliata di esse, scopre un universo magico, completamente obliato ai giorni nostri, ma tuttavia ancora superstite nella cultura di Raniero Alliata, ultimo discendente di una delle famiglie più nobili di Sicilia, i cui primogeniti potevano vantarsi di portare il titolo regale di Principi del Sacro Romano Impero.

L’universo magico che l’autore del libro scopre nell’opera pittorica e grafica dell’Alliata non è solo il mondo di una magia rinascimentale, quella per intenderci di Cornelio Agrippa e Giordano Bruno, la cui magia matematica in tale opera è visibilmente preponderante, ma pure l’universo ancora più antico di una religione assai impregnata di mistero: quella gnostica.

Allo gnosticismo ed in particolare a quello cristiano, come ci dice lo storico delle religioni, Mircea Eliade, si deve infatti l’importanza che la figura dell’androgino aveva per una tale religione.

L’ artista Alliata nel concentrare tutta la sua attenzione su tale figura, diversamente da quanti altri prima di lui si erano occupati dell’androgino, riscopre in esso la sua fondamentale natura, mai prima d’ora rimarcata, quella propriamente magica, seppure già messa in evidenza nel Vangelo di Tommaso.

E’ infatti in questo Vangelo che Gesù rivolto ai suoi discepoli afferma (logion 106) che quando i due, il maschio e la femmina, saranno uno, questi avrà pure il potere con la sua volontà di spostare una montagna.

E’ solo da una pienezza d’essere che può infatti per gli gnostici traboccare tutta la sua energia. 

Avendo preso conoscenza di ciò l’Alliata verrà a popolare lo spazio della sua arte di soli corpi androgini.

Ma se l’androgino è solo un essere mitico, di cui al presente l’uomo non è che la testimonianza parziale e frammentaria, come attingere alla sua magia? 

La magia matematica di Bruno verrà in aiuto all’Alliata. La magia matematica infatti, essendo intermedia tra le cose mondane e quelle sovrannaturali, con i suoi numeri e le sue figure può rapportarci a queste in tutta la loro potenza.

Mediante il numero, considerato nella sua essenza pitagorica ossia qualitativa, il mago può infatti pervenire alla realtà che viene di fatto a costituire. Così che il numero cinque, composto dal primo numero pari il 2, considerato dai pitagorici, femmina, e dal primo numero dispari, il 3, considerato dagli stessi, maschio, essendo la mescolanza dei due generi, nella sua essenza può rapportarci al mitico androgino.

Del cinque tuttavia Agrippa, e con lui Bruno, dicono, che è un numero di non poca virtù, perché una maggiore virtù la si può riscontrare in una sua addizione o moltiplicazione per 2, che dà il 10, il numero universale, che viene a costituire tutti i numeri e le realtà che da loro derivano. 

L’Alliata pertanto nella sua arte non farà altro che rappresentare figurativamente la realtà di tali numeri androgini nonché delle loro addizioni o copule, ed ancora delle loro moltiplicazioni all’interno dello spazio di un’opera, che pertanto viene a configurarsi come base di un’operazione di alta magia.

L’androgino, secondo Montana, costituisce per l’Alliata sì il fine di un processo di individuazione mirato ad una completezza d’essere, ma pure essenzialmente mirato alle potenzialità magiche che da essa possono scaturire.

Le figure androgine di tutte le sue opere non sono pertanto, in base a tale interpretazione, che figure di un tale disegno magico, coltivato in un mondo, il nostro, in cui però con l’antica magia è scomparso l’anelito dell’uomo a superare le proprie condizionalità e i propri limiti.

A questa interpretazione strutturale delle opere dell’Alliata, Montana nel suo libro aggiunge altre considerazioni, che hanno però un unico denominatore comune, quello di considerare un errore grossolano venirsi a soffermare su una visione prettamente naturalistica delle figure ivi rappresentate.

Montana in tale suo libro piuttosto ribadisce che l’androgino raffigurato nei suoi dipinti dall’Alliata non va confuso con l’ermafrodito, che di esso sarebbe invece la caricatura.

In quanto figura mitica e non reale essa va vista come un modello metafisico della pienezza d’essere e della gioia, sentimento assai distinto dal piacere, che in tale pienezza si viene ad esprimere.

Per quanto infine riguarda l’aspetto prettamente artistico dell’opera dell’Alliata, Montana fa notare che, nella crisi dell’immagine dell’uomo che  caratterizza tanta figurazione moderna e contemporanea, la figura dell’androgino esente da ogni  deformazione e sfigurazione, è la sola che dell’essere umano propone invece l’immagine davvero integrale, quella di un uomo non più scisso, non più frammentato e solo in tale frammentazione del tutto deturpato.








giovedì, ottobre 17, 2024

inaugurazione mostra d’arte AD HOC - QUADRO ALTERNATIVO ALLA REIFICAZIONE DEL CONTEMPORANEO

 AD HOC

QUADRO ALTERNATIVO ALLA REIFICAZIONE DEL CONTEMPORANEO

SABATO 19 OTTOBRE ORE 17,30


CENTRO D’ARTE E CULTURA “PIERO MONTANA”

BAGHERIA


In occasione della presentazione da parte del professore Tomaso Romano del libro di Piero Montana "dall’Inespressionismo all’Arte bionica- Appunti di una visione ateologica dell’arte contemporanea”, nei locali del Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana”, siti in via Bernardo Mattarella n 64 a Bagheria (PA), sarà pure presentata la mostra “Ad hoc-Quadro alternativo alla reificazione del contemporaneo”. 

Gli artisti espositori sono i seguenti: Nuccio Squillaci-Lillo Giuliana- Mario Liga, Giovanni Castiglia, Cinzia Farina, Marco Danese, Chicco Carrega, Filly Cusenza.

L’autore del libro, che è anche un gallerista ed un critico d’arte, con questa mostra intende offrire un’alternativa alle operazioni “artistiche” nell’ambito del desolante quadro generale proposto dalle ultime tendenze dell’arte contemporanea: l’Inespressionismo e l’Art Post-Human, da cui deriva l’attuale arte bionica e post-antropocene.

Tendenze artistiche che sono state oggetto di critica assai negativa nel saggio sopradetto.

Contro la condanna a morte dell’arte operata dalla sua attuale reificazione ossia dalla sua riduzione ad oggetto anonimo e seriale ed ancora ad oggetto tecnologico, derivante dallo sviluppo di un pensiero tecnico-scientifico, che oggi giunge alle sue estreme e nefaste conseguenze con l’invadere financo lo spazio dell’arte, Montana con questo suo ultimo libro ma pure con questa mostra allestita “ad hoc” propone invece una sua possibile nonché reale alternativa vitale.

Le opere infatti di questa mostra materialmente hanno radici non nelle cose fredde ed inanimate ma nella terra, unica e vera fonte di vita.

Una vita che prende corpo e si sviluppa nell’utero della donna ed è nutrita dal suo seno.

Una vita destinata a veleggiare nel mare aperto, ora tranquillo ora inquieto, dell’esistenza. Una vita dunque esistenzialmente illuminata da squarci di luce nel buio profondo che l’avvolge ma soprattutto illuminata dalla parola inaugurale ed incontaminata, che riposa nel grembo dell’Essere.


CENTRO D’ARTE E CULTURA “PIERO MONTANA”

CELL. 3886416109






lunedì, febbraio 19, 2024

SULLA PITTURA DI ROSSELLA SCADUTO - pezzo censurato dall'Ufficio Stampa del Comune di Bagheria


Rossella Scaduto nel sangue porta il dono della pittura ereditandolo dal padre Gaetano, amico di Renato Guttuso che volle parlare delle sue opere in articoli pubblicati sul giornale L’Ora.

Guttuso stimava il padre di Rossella perché nella sua pittura vedeva l’espressione di un forte legame con la sua terra natale giacché la terra da cui germinano piante, fiori e frutti anche spinosi (i fichidindia) era pure la materia prima dell’arte. Come gli alberi, i fiori ed i frutti anche l’arte ha bisogno di nutrimento e questo lo si può estrarre da un sentimento di profonda appartenenza alla terra. E’ da questa materia prima per Guttuso che l’arte può essere vivificata. I veri pittori più che a un cielo ideale rarefatto e astratto si ispirano guardando alla terra, guardando alla loro materia prima fonte di vita. 

Per Guttuso come per Gaetano Scaduto i colori erano terra giacché in essa vi trovavano la vera luce, una luce allo stato grezzo, materiale, da cui essi come esperti e veri alchimisti venivano ad estrarre quella quinta essenza che è lo splendore, la luce dei colori. Per questo se si osservano meglio le opere di Guttuso ma anche quelle di Rossella Scaduto che risentono dell’influenza delle pitture paterne non possiamo non notare in questi colori tracce copiose di terra. I colori delle opere della nostra Rossella infatti sono colori terrosi. Essi sono luce dello spirito contenuto, celato nelle viscere della terra, di cui portano tracce. Questo spirito, questa luce è la vita che affiora in superficie dalle profondità della nostra terra e assume forme diverse, eterogenee. Queste forme sono molteplici, perché molteplici sono le forme della vita ossia degli esseri umani, animali, vegetali che popolano la terra. 

Rosella nella sua pittura predilige la raffigurazione dei fiori perché in essi più che in altri esseri si manifesta la luce del colore, la quinta essenza originata dalla linfa vitale estratta dalla terra. La luce dei colori incarnata nei fiori è il mistero della vita. Essa splende ma pure presto appassisce. Nei fiori più che in ogni altra cosa si rivela pertanto il mistero di una esistenza che ha breve durata, per la quale non si possono non avere rimpianti.  Nei fiori che hanno breve durata la nostra pittrice esprime pertanto un to di tristezza e di malinconia, di rimpianto anche per lo splendore e la bellezza fugace. La bellezza intesa come ornamento di corpi destinati presto a scomparire, destinati presto a veder scomparire l’ornamento naturale di cui in vita erano fieri. 






 Ai fiori si possono pure paragonare le figure femminili dipinte nelle sue tele dalla nostra Rossella. Figure di donne simbolo della fertilità della madre terra, simbolo di una bellezza magicamente fascinatrice, ma che come ogni bellezza, come ogni splendore, come ogni ornamento portatore di luce e di incanto, è destinato a spegnersi. 

    

Per concludere questo nostro breve commento sulla pittura di Rossella Scaduto non possiamo non accennare alle figure degli amanti da ella raffigurate nei suoi dipinti. Questi amanti visti anche nel loro congiungimento carnale portano i segni delle ferite, che sono i segni del mysterium coniunctionis, di quel mistero che è il congiungimento carnale, il congiungimento sessuale, vero e proprio rito in cui si attua, si riattiva la forza, la potenza di Eros e Thanatos, di Amore e Morte in una loro estatica e travolgente epifania.

Piero Montana


COMUNICATO STAMPA

L'Ufficio Stampa del Comune di Bagheria probabilmente come ogni ufficio burocratico é di natura  repressiva riguardo a quell'esprit de finesse, per citare Pascal, che caratterizza tutto ciò che non é di ordinaria amministrazione.

Per questo quando esso viene a manifestarsi sia pure in un breve scritto, attenendosi(?) alle regole
burocratiche viene a soffocarlo con le sue sole armi disponibili, quelle della censura.

Ho lavorato all'Ufficio Stampa del nostro Comune e ho visto pubblicare cose davvero insignificanti, persino temi di bambini che di istituzionale non avevano assolutamente nulla.
Temi di bambini pubblicati per fare un piacere al papà dottore o avvocato, che per mera vanagloria ne
avevano richiesto la pubblicazione sul nostro prestigioso sito istituzionale. Temi pubblicati senza alcuna osservazione di quelle norme, di quelle regole che si pretendono rispettare censurando un mio breve articolo sulla pittura di Rossella e quella di suo padre, Gaetano Scaduto, nonché di Renato Guttuso, le cui opere esprimono una medesima concezione dell’arte, quella realista che si attiene alla figurazione non di idee concettuali ma di “cose” come le chiama Guttuso, non metafisiche, ma di questo nostro mondo, il mondo della terra in cui viviamo, per la quale nelle sue opere ha sempre espresso un forte sentimento di appartenenza.

E’ la sua terra natia, la terra di Bagheria, quella a cui Guttuso, pur vivendo a Roma, si sentirà sempre legato; per questo egli ha sempre mantenuto rapporti privilegiati con gli artigiani ( i pittori di carretto) e gli artisti bagheresi, scrivendo per loro articoli o promuovendo sia a Palermo che a Roma le loro mostre. In particolare gli artisti bagheresi che furono suoi amici si chiamano Provino, Mario Liga, Gaetano Scaduto, Carlo Puleo.

Scrivendo sulla pittura di Rossella Scaduto che risente dell’influenza di quella paterna non potevo non
parlare del padre Gaetano, non potevo non parlare del legame tra questi e Guttuso, non potevo non
parlare di uomini, di artisti che hanno dato un loro significativo contributo alla storia culturale della nostra città.

Ebbene censurando il mio articolo hanno pure censurato questo pezzo di storia bagherese, non curanti del fatto che venendo così ad operare vengono a contribuire a quel fenomeno dello “sradicamento” oggi in atto, contro il quale artisti ed intellettuali bagheresi hanno da sempre combattuto.

PIERO MONTANA

CELL. 3886416109

EMAIL : montana.piero@libero.it

giovedì, febbraio 15, 2024

IL CUORE HA LE SUE RAGIONI CHE LA RAGIONE NON CONOSCE - sculture di Lillo Giuliana dal 24 febbraio 2024 al Centro d'Arte e Cultura "Piero Montana"

 



24 febbraio alle ore 17,30 nei locali del Centro d'Arte e Cultura "Piero Montana" sarà inaugurata la mostra di scultura di Lillo Giuliana dal titolo "Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce".

Il titolo richiama volutamente un assai noto pensiero del mistico filosofo francese, Blaise Pascal, in quanto l'opera di Giuliana non è altro che un'espressione di rivolta contro il dogmatismo concettuale, che ha imperato in alcune tendenze della più recente arte d'avanguardia. Richiamandosi a Pascal il nostro artista fa proprio un pensiero che vuole attuarsi nell'equilibrio tra l'esprit de finesse e l'esprit de geometrie, in parole povere nell'equilibrio tra l'intuizione e il rigore della meditazione. Le sculture di Giuliana tendono pertanto a scardinare ogni impianto concettuale di un'opera fondata esclusivamente sulle idee, sul pensiero e soprattutto sul suo meccanismo logico-semiotico. Quel che al contrario mette in giuoco Giuliana nelle sue sculture é l'irruzione di un quid assai intimo e personale. E' l'irruzione del sentimento e dell'emozione che prende il sopravvento su idee astratte e teoriche, su quell'aspetto prettamente mentale, che da Duchamp in poi fino ad arrivare a Kosuth e ai suoi tanti epigoni, é stato a tal punto privilegiato da convincerli di eliminare dalle loro "opere" l'elemento estetico.

Giuliana in rivolta contro gli artisti concettuali fa invece dell'elemento estetico, da intendere non solo come elemento formale ma anche nel suo originario significato greco, quello del sentire, il fulcro della realizzazione dell'opera.

Quest'opera per il nostro artista ha origine non dalla sua testa, dalla sua mente bensì dal suo cuore.

E' l'emozione, il sentimento, è la nostalgia di un tempo delle origini, del tempo felice e spensierato dell'infanzia che trova piena espressione nel luduspuerorum (nel giuoco dei fanciulli), che viene a dare forma alle sculture di Giuliana, invenzioni frutto della sua immaginazione creatrice, di un immaginario essenzialmente poetico. Un immaginario che vola alto pur concretizzandosi in un equilibrio formale di volumi artisticamente realizzati e che danno vita alle sue sculture.

 

CENTRO D’ARTE E C ULTURA “PIERO MONTANA”










IL CUORE 

HA LE SUE RAGIONI

 CHE LA RAGIONE 

NON CONOSCE

Pascal


Dal 1965 al 1980, come si sa, abbiamo assistito a una intensa produzione dell’arte concettuale, di un’arte fondata esclusivamente sulle idee, sul pensiero e sul suo meccanismo logico-semiotico.

Quest’arte si presentava come ultima espressione di un’avanguardia, che già con il dadaismo aveva dichiarato guerra alla tradizione, con l’abolizione di ogni accademismo e di un mestiere che gli artisti del passato mostravano di padroneggiare egregiamente nella realizzazione delle loro opere.

L’arte concettuale si presentava allora come l’ultimo prodotto della modernità in netto contrasto con la tradizione, che di certo, da quel che ci ha lasciato in eredità, oltre la ricerca formale della perfezione artistica spesso conseguita nelle opere d’arte, mostrava orizzonti culturali più ampi e soprattutto estesi al Mondo del Sacro e dello Spirito. 

L’ arte concettuale che di certo deve molto a Duchamp, che finì nella sua arte per rifiutare il piacere estetico, il piacere dato dal godimento dell’occhio, della vista, finendo per privilegiare invece solo il mentale, quest’arte, dicevamo, non era allora che l’ultimo prodotto della modernità, che ancora oggi poggia le sue fondamenta solo sulla realtà visibile del mondo esteriore, materiale, che René Guénon, famoso pensatore del tradizionalismo integrale, definisce come il regno della quantità, il regno della sola manifestazione oggettiva della realtà materiale, che la filosofia scolastica definiva sostanza in contrapposizione alla forma da intendere in senso aristotelico, in contrapposizione dunque all’essenza, alla qualità. Essenza e qualità, che stanno all’origine del nostro mondo fisico, ma che hanno il loro principio al di là di esso, in un mondo altro, oltre la realtà visibile del fisico, in un mondo allora per l’appunto metafisico.

Questi due mondi, il fisico e il metafisico, per un grande pensatore russo del 900, Pavel Florenskij perseguitato dal regime comunista, sono costituiti dal Visibile e dall’Invisibile. Infatti in uno dei suoi libri più celebri, Le porti regali, che è un saggio sulle icone russe, Florenskij sostiene che la vera importanza dell’arte consiste nel potere che essa detiene nello squarciare il velo del visibile per farci penetrare in una realtà altra che non è di qua giù.

La vera opera d’arte s’ammanta pertanto di un’aura, che non è altro che la manifestazione della trascendenza, manifestazione dunque di un altro mondo, il mondo del non manifesto, dell’Invisibile.

La mentalità moderna, in quanto fondata sul regno dell’oggettività materiale, che padroneggia servendosi strumentalmente del pensiero razionale fornitole dalla logica,  ha bandito dal suo campo di osservazione la sfera del trascendente e della metafisica, finendo per esercitare una grande influenza anche nel campo dell’arte con conseguenze, che non possiamo non definire nefaste, giacché ha attuato un’operazione inconcepibile nel mondo tradizionale proprio del nostro passato, quella di eliminare cioè  dal suo contesto culturale, comprendente anche quello artistico, ogni manifestazione o semplice riferimento al trascendente, a quella qualità, che per René Guénon, ha per contenuti la forma, intesa da Aristotile, come essenza, come anima o mondo interiore contrapposto al mondo esteriore della realtà che, percepita dai sensi, viene poi elaborata ed indagata dalla logica del pensiero razionale.

E’ proprio la razionalità del pensiero che viene messa in atto da un meccanismo logico-semiotico a divenire espressione culturale assai significativa nel nostro tempo. Espressione questa che l’arte concettuale ha inteso affermare anche in campo estetico, mettendo da parte quel che da sempre costituiva l’interesse maggiore per essa: la perfezione, la sua bellezza e soprattutto il suo mistero, la sua indecifrabilità, finendo dunque per mettere da parte la sua immaginifica aura, che traspariva dalla realizzazione delle sue opere più sublimi.

Abbiamo parlato dell’arte concettuale perché quella di uno scultore, di cui veniamo ad occuparci, è un’arte che sta da un’altra parte e precisamente all’opposto di quella concettuale.

Quest’arte è quella scultorea di Lillo Giuliana, che bandisce dalle sue opere proprio il procedimento logico-semiotico del pensiero razionale, elaborato grazie all’uso strumentale dei segni di cui si finisce per privilegiare in maniera predominante solo la parte costituita dai significati con l’esclusione dei significanti che stanno a fondamento di ogni linguaggio.

L’opera di Giuliana va anzitutto attenzionata per la dimensione davvero molto personale che presentano le sue sculture realizzate in un equilibrio dei volumi ordinati su un piano in cui l’aspetto ludico è la parte essenziale. Un ludico che fa spesso riferimento alle semplici invenzioni della nostra infanzia. Invenzioni dunque suggerite all’artista da un immaginario essenzialmente poetico e creativo nonché dal sentimento e dalla nostalgia di un tempo felice e spensierato proprio dell’età dell’innocenza più che da pensieri e formulazione di idee prettamente logiche e concettuali. Idee queste che non vengono neppure espresse nella realizzazione delle installazioni in cui il nostro scultore si serve delle lettere dell’ordine alfabetico.

Infatti queste lettere nell’opera che ha per titolo “Ogni cosa a suo posto” sono disposte a caso, essendo esse non finalizzate all’uso strumentale della comunicazione discorsiva, dunque situate in modo tale che nel loro insieme non possano presentare alcun significato.

Queste lettere infatti di diverso colore e dimensione vogliono forse formare una sorta di alchimia del verbo, un’alchimia delle vocali e delle consonanti, come solo Rimbaud poteva formulare in una sua famosa poesia. Di certo Giuliana in questa sua opera vuole però mantenersi esclusivamente nel piano formale dell’invenzione linguistica espressa in un giuoco partorito dalla fantasia, senza dunque alcuna pretesa di comunicare un messaggio comprensibile dal nostro intelletto. Questa disseminazione casuale di lettere nello spazio non ha, dicevamo, alcun significato, essendo esse nel loro assemblaggio solo elementi compositivi di un’opera aperta senza alcuna griglia semantica alla base, volendo offrirsi così a una molteplicità di letture, di interpretazioni critiche. In questo l’opera “Ogni cosa a suo posto” già nel titolo paradossalmente indica un ordine nel disordine, un ordinamento tuttavia dei suoi elementi compositivi esistente di certo fuori dalle nostre categorie di pensiero, dunque esistente sul piano della immaginazione creatrice.

 Quest’opera, questa installazione di lettere disposte spazialmente a caso, in un certo modo allora ci rinvia alla scrittura asemica, cioè proprio a una scrittura che, volutamente priva di significato, nel vuoto semantico aperto dalla sua assenza, si apre alla presenza di tutti i sensi, di tutti i significati che una lettura critica può e deve attribuirle.

Ma al di là di questo, chiamiamolo, giuoco tra presenza-assenza nell’opera scultorea di Giuliana, davvero molto importante ci sembra l’equilibrio, che il nostro artista realizza nei suoi lavori, tra “l’esprit de geometrie” e “l’esprit de finesse”, punti questi fondamentali del pensiero di Pascal. Il filosofo e mistico francese riteneva infatti che nell’uomo comune ma anche e soprattutto nell’artista fosse insita una componente geometrica, atta a misurare la realtà per meglio comprenderla, ma anche qualcosa di meno strumentale rispetto alla misurabilità. Questo qualcosa Pascal lo definiva per l’appunto come espressione dell’”esprit de finesse”, che chiamava anche cuore.

Con questa distinzione fondamentale tra “esprit de geometrie” ed “esprit de finesse” il nostro filosofo e mistico intendeva affermare che l’uomo ha due possibilità per giungere alla verità essenziale. Queste due possibilità che conducono al vero sono date da due vie, la via geometrica propria della misurabilità razionale, che si manifesta nella ragione e la via intuitiva, cioè la capacità di giungere all’essenziale e che ha la sua sede nel cuore. 

Per Pascal le cose che più contano nella vita non si colgono con la ragione bensì con il cuore. Il cuore sede del sentimento e dell’intuizione è perciò superiore alla ragione.

I procedimenti logici e razionali per il nostro mistico filosofo non risolvono i veri problemi dell’uomo. L’eterogeneità fra ragione e cuore è espressa in un assai noto pensiero pascaliano, da cui abbiamo tratto il titolo del testo scritto per presentare l’opera scultorea di Giuliana: “Il cuore ha le sue ragioni che la 

 ragione non conosce”.

Infatti per noi la peculiarità essenziale dell’opera del nostro scultore è costituita dall’espressione del sentimento e dell’intuizione che porta all’invenzione creativa piuttosto che a delle realizzazioni artistiche suggerite dalla ragione e dallo spirito geometrico. Però dobbiamo anche dire che nelle opere del nostro scultore lo spirito geometrico non è del tutto assente, essendo una componente non trascurabile di esse. Infatti la scultura di Giuliana si caratterizza proprio per un giuoco formale in cui fondamentale è l’equilibrio tra “esprit de geometrie” ed “esprit de finesse”.

In questo giuoco, che non è altro che un divertimento del nostro artista nel contesto di una equilibrata realizzazione plastica dell’opera, va infatti pure ricercata l’essenza di un linguaggio essenzialmente poetico espresso nelle soluzioni compositive, che vengono ad essere realizzate grazie all’intuizione ed alle invenzioni di una immaginazione creatrice, congeniale all’indole di un autentico artista, ma anche di un uomo che nella nostalgia dell’età felice e spensierata dell’innocenza, viene a realizzare opere ispirate a un Eden, da cui l’inesorabilità del trascorrere veloce del tempo assai presto trae fuori.

Piero Montana


mercoledì, dicembre 06, 2023

“Il cuore della luce è nero. Pittura ed Alchimia nell’opera di Marco Danese.” al Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana”


Inaugurazione il 9 dicembre alle ore 17,30.






Con il patrocinio del Comune di Bagheria, nei locali del Centro d’Arte e Cultura
“Piero Montana”, sito in via Bernardo Mattarella N° 64 a Bagheria (Palermo), sarà
inaugurata sabato 9 dicembre alle ore 17,30 la mostra 
Il cuore della luce è nero. Pittura ed Alchimia nell’opera di Marco Danese.




Questa è la mostra non di un adepto, di un iniziato, che tuttavia nelle sue opere
pittoriche, dense di materia, mostra degli aspetti che soprattutto sono presenti, con
evidente rilevanza, in quella scienza ermetica, oggi obliata nel mondo moderno, che
nel passato ebbe il nome di Alchimia.

Anzitutto la materia pittorica di Danese che presenta nuove soluzioni nel campo
dell’astrattismo, nella sua sapiente elaborazione si fonda su una tecnica mista che
utilizza materiali eterogenei, quali ad esempio il cartone, la sabbia, le garze, i colori
acrilici, i collages, tutti elementi tenuti insieme, saldati dalla colla.
Tuttavia in questa materia così realizzata primeggiano come colori prevalenti il nero
e il bianco, colori questi propri delle prime due fasi del processo alchemico: la
nigredo e l’albedo.

Ma l’albedo nel modo di operare di Danese non viene conseguita come un
superamento della fase iniziale costituita dalla nigredo, ma al contrario come una
fase che viene meglio ad illuminare l’Indistinto, il Caos, le Tenebre propri dell’Opera
al nero. Nella pittura del nostro artista viene espresso pertanto una sorta di
pessimismo cosmico. In essa infatti è dominante solo il nero, il colore della nigredo.
Pittoricamente il nero che è pure il colore del buio e della notte non viene
rischiarato dal nostro artista ma oscurato ancora di più.

Il bianco, colore dell’albedo, viene quindi usato da Danese al solo scopo di rendere
visibile l’Invisibile, quel che non si può illuminare, quel che per sempre rimane
oscuro.




Danese con i suoi mezzi pittorici finisce dunque per mostrare nelle sue opere il dominio delle Tenebre.
Sono le Tenebre la materia oscura che avvolge il nostro mondo, il nostro universo nonostante in esso vagano tante stelle, tanti punti luminosi, che tuttavia trovano fondamento in un mistero insondabile, quello stesso mistero che è l’unica certezza
della nostra esistenza.

Nell’opera di Danese si possono pertanto intravedere i temi dell’antico nonché eretico pensiero gnostico, che, come si sa, affermava, sfidando l’Ortodossia cattolica, che tutto il nostro mondo materiale è governato proprio dal Principe delle Tenebre ossia da un Governatore per nulla buono ma, al contrario, malvagio al cui dominio siamo costretti a soggiacere.

A differenza degli gnostici però Danese fa intravedere, nel suo operato pittorico, un
pessimismo ancora più radicale.
Dalle Tenebre che avvolgono la nostra esistenza, per il nostro pittore, non c’è via di
scampo. Da queste Tenebre nessun Salvatore può trarci fuori.

Questa pittura di Danese di certo allora è la pittura di un esistenzialista radicalmente
pessimista.

Nella pittura del nostro artista è pertanto dominante solo un’Opera al nero che oltre
l’alchimia mostra aspetti che sconfinano nella mistica, da sempre pure, come la
scienza ermetica sopraddetta, in odore di eresia.
Senza forse conoscerlo e pur nella diversità dei temi esistenziali, Danese sembra
accostarsi nella suo operare a un mistico spagnolo del Seicento, il carmelitano
Giovanni della Croce, di cui celeberrima è l’opera poetica “La notte oscura”.
È qui infatti che Giovanni della Croce matura l'esperienza della notte. Notte dei sensi
e dello spirito, momento di travaglio, sofferenza, dubbio, senso di solitudine e
d'abbandono da parte di Dio, temi questi che il nostro artista condivide a pieno,
esprimendoli pittoricamente.
 A differenza del pensiero del mistico spagnolo, quello di Danese esclude però che
questa Notte possa essere solo un momento, una fase necessaria per la
purificazione dei sensi e degli affetti che ci legano al mondo e ci impediscono di
salire lungo la via spirituale che porterebbe alla salvezza dell’anima.

Danese, diciamolo chiaramente, è un artista maledetto, di cui è facile lodare nei suoi
quadri i risultati di una buona resa pittorica ma non i temi molto problematici e
difficili da condividere, espressi nella sua opera.


La mostra “Il cuore della luce è nero. Pittura ed Alchimia nell’opera di Marco
Danese”
sarà in esposizione nei locali del Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana”
dal 9 dicembre 2023, giorno della sua inaugurazione, al 6 gennaio 2024 e si potrà
visitare gratuitamente tutti i giorni dalle ore 17 alle ore 20 ma solo su prenotazione
telefonando al numero di cellulare 3886416109.


 
PIERO MONTANA 







martedì, novembre 14, 2023

Grande successo della mostra "Sensualità del segno"



Alla presenza del Sindaco di Bagheria, Filippo Tripoli, del Vicesindaco ed Assessore
alla Cultura, Daniele Vella, del consigliere comunale Antonella Insinga, di numerosi
artisti e di un folto pubblico si è svolta sabato 11 novembre alle ore 18 nei locali del
Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana” l’inaugurazione della mostra “Sensualità
del segno” di Giuseppina Riggi.

Il discorso inaugurale è stato svolto da Piero Montana. E’ poi intervenuto l’
Assessore alla Cultura, Daniele Vella, che ha espresso in maniera assai interessante
delle oggettive considerazioni sulla materia pittorica e scultorea dell’opera della
Riggi, proponendo poi una più fattiva collaborazione tra il Centro d’Arte e Cultura
“Piero Montana, di cui ha molto apprezzato l’operato, e l’Amministrazione
Comunale di Bagheria.





Intervento di Piero Montana sulla mostra “Sensualità del segno” di Giuseppina Riggi
e calendario degli eventi artistici-culturali che saranno presentati nei locali del
Centro Montana nel 2024.


- Da sempre il Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana” è impegnato a presentare nei
suoi locali, opere avanguardistiche inerenti al tema dell’eros.

Quelle che sono presentate in questa mostra di Giuseppina Riggi non vogliono
essere altro che un’espressione, sia pure molto soft, della dimensione erotica, ma
non per questo meno seducenti.

La Riggi con il suo linguaggio minimale costituito da semplici e brevi segni curvilinei
che richiamano le curve della formosità muliebre, penetra ugualmente in maniera
molto sottile nelle pieghe più recondite dell’immaginario erotico che viene espresso
nella sensualità e nel piacere dell’abbandono estatico.
Le opere in mostra, nell’essenzialità della loro personale cifra espressiva, hanno
pertanto connotazioni inerenti al campo della dimensione erogena.


Con “Sensualità del segno” il Centro Montana non presenta dunque alcuna
discontinuità con l’operato del suo precedente passato che forse ha avuto i suoi esiti
migliori con la creazione, ritenuta da alcuni provocatoria, di una Galleria dell’eros.

La mostra della Riggi si inserisce dunque in un progetto culturale il cui centro ha
avuto da sempre come tema dominante l’espressione pregnante dell’immaginario
erotico, da cui pure la nostra artista si lascia sedurre fino al punto di produrre delle
opere nel cui cuore è l’espressione del suo segno senza tuttavia esprimere alcuna
icona sessuale. I segni della nostra artista “vanno letti” solo come segnali ed
espressione di impulsi la cui origine è da ricercare nella sensualità da intendere
semplicemente come sensibilità dell’erogeno.

“Sensualità del segno” è di certo una mostra sperimentale i cui elementi sono
costituiti da indefinibili significanti non traducibili in significati con le relative icone
ma che rinviano al non dicibile, al sentimento intimo e segreto proprio dell’erotismo
da cui la Riggi nel suo personale linguaggio artistico mostra di essere attratta col
subirne la malia della forte seduzione.

Chi vuol saperne di più sull’opera di questa nostra artista legga il mio testo
“L’estetica del segno” che forse meglio focalizza, nell’analisi dei singoli segni del
tutto personali espressi dall’artista il rapporto tra questi con la materia dell’erogeno
ossia con la sensualità inevitabilmente votata al significante, al non dicibile.

A tutti i presenti annunciamo che il prossimo evento artistico sarà costituito dalla
mostra “Nuove astrazioni: Marco Danese, Agostino Tulumello”, tutta incentrata sul
tema luce-tenebra in Danese e la rete degli intrecci che costituisce il cuore
dell’opera in Tulumello. La mostra pure di carattere sperimentale sarà inaugurata
sempre nei locali di questo Centro il prossimo 9 dicembre.

Imminente è poi la presentazione del libro di poesie “C’è sempre un vento che soffia
sui germogli” di Angelo Abbate da parte del Professor Giuseppe Bagnasco,
Presidente dell’Associazione “Giacomo Giardina”. Questo libro di Abbate ha ricevuto
il Premio Poesia A.S.A.S. 2023 e sarà un onore presentarlo in questa sede.

Nel 2024 il Centro Montana avrà due donne come protagoniste. La prima sarà
Rosanna Balistreri che proporrà delle  "Discussioni sull'alchimia"
Saranno previsti 3 incontri per discutere su tre aspetti dell'alchimia. 
Il primo previsto per il 16 gennaio tratterà dell'alchimia nei suoi caratteri generali, 
la sua origine, la sua evoluzione e il suo procedimento.

Il secondo previsto per il 23 marzo riguarderà l'alchimia nell'arte e l'uso dei simboli.

L'ultimo sarà il 18 maggio, e in questo la Balistreri parlerà del processo alchemico
come cammino spirituale con i relativi collegamenti alla psicologia junghiana.

La seconda donna protagonista del Centro Montana sarà il critico d’arte Giovanna
Cavarretta
, che nel 2024 curerà degli eventi artistici per il Centro e che a partire dal
17 febbraio proporrà degli interventi sulla cosiddetta Arte Oggettiva. Spiegando
anzitutto cos’è l’Arte Oggettiva, e mettendo poi a confronto Questa con quella
Soggettiva. L’intervento si soffermerà in particolare sull’ Analisi del Salvator Mundi
di Leonardo da Vinci. Il 13 aprile il nostro critico d’arte ci parlerà dell’Arte come
espressione dei Mondi Superiori e farà dei riferimenti a Chagall e Van Gogh in
quanto artisti intuitivi. La Cavarretta concluderà i suoi interventi l’8 giugno
parlandoci dell’Arte come strumento di evoluzione spirituale e del suo intrinseco
rapporto col sentire inteso come sensibilità estetica.

Questo il calendario degli eventi culturali che saranno proposti al pubblico che segue
l’attività del Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana” con la preghiera già a tutti i
presenti a questa mostra della Riggi di venirli ad ascoltare con attenzione.


Piero Montana.









domenica, novembre 05, 2023

“SENSUALITA’ DEL SEGNO” mostra di Giuseppina Riggi a Bagheria


Sarà inaugurata sabato 11 novembre alle ore 18 nei locali del Centro d’Arte e
Cultura “Piero Montana”, siti in via Bernardo Mattarella n 64 a Bagheria (Palermo) la
mostra di opere di Giuseppina Riggi intitolata “Sensualità del segno”.



 
La mostra nuova nel suo genere propone una lettura estetica del linguaggio segnico
tutto giocato nella gestualità ed espressività di una cifra assai personale che si abbandona al solo piacere.
E’ il piacere del gesto espresso e reiterato in brevi curve sinuose allusive della formosità muliebre il tema dominante della ricerca estetica della Riggi, che rifugge da interpretazioni filosofiche e metafisiche e che pertanto preferisce abbandonarsi al richiamo malioso della sensualità privilegiando la dimensione estetica del segno.


La mostra della Riggi risente del crollo degli idoli demoliti da Nietzsche col richiamo
tutto attuale ad un “pensiero debole” che rifugge da ogni verità data come fondamento.
Pertanto non è nelle astrazioni della filosofia ma nella ricerca dell’espressione estetica
che si abbandona ad un’intima sensualità che bisogna cercare il segreto del linguaggio
artistico della Riggi, che del segno dà una lettura nuova e del tutto personale.
Una lettura questa che affascina per la “femminilità” di un segno che osa abbandonarsi alla ricerca espressiva del piacere.

La mostra che si terrà dall’11 novembre al primo dicembre 2023, potrà essere visitata
tutti i giorni dalle ore 17 alle 20 solo su prenotazione telefonando al 3886416109.

CENTRO D’ARTE EJ CULTURA “PIERO MONTANA”

lunedì, ottobre 03, 2022

Tra i pezzi forti della Galleria dell’eros “Piero Montana” a Bagheria

Nella mostra 

“Galleria dell’eros Piero Montana-Nuove acquisizioni” 

nell'ottobre 2019 esposero 28 artisti con più di cinquanta opere[...]

[...] tra esse dobbiamo parlare di due opere che ci sono pervenute di recente, una è la scultura in stoffa e materiali di riciclo, che l’artista romana, Alba Montori, amica nostra carissima ha intitolato “Stupro”, vero e proprio manifesto politico di un eros autentico che esclude da sé ogni violenza sessuale, l’altra opera è di Renato Lipari  e si chiama “La mano amica”, una mano aperta che sul palmo tiene un pupazzetto itifallico, opera che allude alla masturbazione maschile già sin dal titolo che ricorda il famoso e repressivo detto “giuoco di mano giuoco di villano”

Se la prima di queste due ultime opere è dunque drammatica nella rappresentazione della negazione dell’eros attraverso l’impiego della violenza, l’altra invece è un divertissement dal carattere frivolo e giocoso, in quanto spogliato dai tanti sensi di colpa vissuti  nella pratica masturbatoria all’epoca di quando si era ragazzi.


Della scultura della Montori dobbiamo però aggiungere ancora qualcosa parlando della sua complessità, richiedendo l’artista per questa sua opera una particolare attenzione tale da consentire a tutti gli spettatori di vederla da diversi lati ma anche dal basso e dall’alto, cosa che per rendere ciò effettuabile abbiamo seguito le sue indicazioni sospendendola ad altezza d’uomo in aria in quanto fissata con un lungo filo al soffitto.






La complessità dell’opera è certamente legata alle varie sfaccettature del fenomeno, che si presta anche a delle interpretazioni reazionarie e queste non solo limitatamente al fatto che esso sarebbe provocato dalle donne con il loro abbigliamento succinto e provocante o alla costatazione che mitologicamente, storicamente e socialmente lo stupro è sempre esistito, si ricordino tra tutti gli esempi quelli di Pan che deflorava le ninfe nei boschi, al ratto delle sabine da parte dei Romani, alla cosiddetta “fuitina furziva” (non consenziente) addirittura considerata legittima nella nostra isola fino a decenni scorsi.

A queste obiezioni l’artista romana ha sempre così risposto: 

<< le mie opere sull’argomento parlano da sole, esse rappresentano uno scombussolamento dei corpi, reazioni certo scomposte alla violenza, che denotano essenzialmente anche il disordine, il caos mentale e non di certo l’armonia che in un rapporto non sadico dovrebbe invece prevalere tra i due o diversi soggetti anche plurimi, essendo io anche una passionaria della rivoluzione sessuale.>>

Piero Montana)


 

 


martedì, ottobre 12, 2021

"Astrazioni e parole dipinte" di Marzia Calì e Ivana Urso al Centro d'arte e cultura Piero Montana



Astrazioni e parole dipinte

Mostra di pittura di Marzia Calì e Ivana Urso

Sabato 16 ottobre alle ore 18 nei locali del Centro d’arte e Cultura “Piero Montana”, siti in via Bernardo Mattarella n° 64 a Bagheria (PA) sarà inaugurata dall’assessore alla Cultura del Comune di Bagheria, Dott. Daniele Vella, la mostra di pittura di Marzia Calì ed Ivana Urso "Astrazioni e parole dipinte"



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Sebbene le due artiste, tranne il talento pittorico, abbiano poco in comune vengono proposte insieme volendo in questa mostra rimarcare una sorta di implicito rapporto tra nuova astrazione e scrittura asemica.

Infatti le opere della Calì sono sostanzialmente astratte mentre quelle della Urso sempre nell’ambito dell’astrazione si cimentano nella scrittura asemantica.


            

Ma proprio del loro comune universo femminile è una fertile creatività artistica.

La Calì infatti pur riferendosi a precedenti esperienze e tecniche pittoriche avanguardiste tende a svincolarsi nei suoi dipinti più personali da esse dando luogo a una astrazione in cui le campiture di bianco hanno una estensione preponderante. In tali campiture il nero e il rosso sono i colori che più si stagliano diventando quasi una costante su uno sfondo che sembra voluto per farli risaltare.

Il rigore, la pulizia estrema nella calibratura di tali colori è quel che maggiormente emerge da queste opere che si fanno distinguere da tante improvvisazioni confuse e da un espressionismo ormai obsoleto, anacronistico.

L’artista pertanto in questo suo rigore formale non fa che togliere materia dai suoi quadri, per renderli più essenziali e in tal modo assimilabili a un’intima realtà dello spirito, sgravata da ogni accumulo canceroso, da ogni materialità grossolana.

Diversamente Ivana Urso coniuga nelle sue opere con l’astrazione una sorta di scrittura asemica. 
Infatti le sue parole dipinte sono solo segni asemici, mancanti cioè dell’intrinseco rapporto tra significanti e significati. Queste “parole dipinte” alludono dunque a un mettere in opera con disinvoltura, leggerezza, spontaneità una scrittura, che si sgrava però dal peso, dalla materialità del senso, del significato. Questa messa in opera di una scrittura che in sé non è scrittura, almeno come noi la intendiamo, non è che la ricerca del lato oscuro, nascosto, indecifrabile proprio di ogni autentica opera sia artistica che letteraria. Infatti quella della Urso è una scrittura lunare, una scrittura di luce astrale che fa espliciti riferimenti al volto invisibile del nostro satellite. 
Questa scrittura della nostra pittrice rende pertanto più malioso il fascino delle sue parole asemantiche, giacché queste sono essenzialmente parole dell’astro lunare, parole costituite da un duplice volto quello abituale, conoscibile dato dal segno che tutti possiamo osservare e quello inconoscibile, dato dall’assenza di significato. La magia della luna la Urso non solo la coglie pertanto in questo suo mistero dell’inconoscibilità dell’altra sua faccia, che mai riusciamo a vedere, ma la proietta anche direttamente nelle sue opere, che si fanno intrinsecamente emblema del fascino oltre che dell’invisibile anche dell’indicibile.


     



La mostra, che sarà presentata dalla scrittrice Rosanna Balistreri, avrà la durata di 15 giorni e si può visitare dunque fino al 31 ottobre tutti i giorni dalle ore 17 alle 20 solo su prenotazione, telefonando al numero di cellulare 3886416109.

Ingresso libero, ma si entra solo se muniti di Green Pass.


Centro d'Arte e Cultura “Piero Montana”


Bagheria (PA)



lunedì, settembre 20, 2021

Tommaso Serra col suo EROS NERO dal 25settembre 2021 alla Galleria dell'EROS

                Eros nero

Opere africane su carta di Tommaso Serra

 

Sabato 25 settembre alle ore 18 nei locali della Galleria dell’eros “Piero Montana”, in via Bernardo Mattarella n° 64 a Bagheria, sarà inaugurata la mostra di Tommaso Serra dal titolo “Eros nero”. Opere africane su carta”. L’artista infatti che da tanti anni soggiorna nel cuore del continente nero ha ivi realizzato 40 opere sul tema dell’eros.

Un eros che nelle sue forme espressive sembra non si differenziarsi dal nostro se non per il fatto di essere caricato di quelle forze bollenti che scorrono nel sangue e nelle vene degli africani. Queste forze sono quelle animistiche e tribali che investono profondamente il sesso portando nelle sue pratiche a un processo di possessione, dove il soggetto si rende succube di energie che sono quelle di tutto il ceppo, di tutto il clan a cui appartiene, per assicurare ad esso la continuità, la prosperità del suo organismo vivente attraverso l’impiego degli organi sessuali riproduttivi.

La sessualità africana a differenza di quella nostra, che manca di questo supporto di coesione tribale, fa leva sulla magia e su cerimoniali orgiastici in cui ad essere scardinato è il nostro principio di individuazione, il nostro io, il nostro soggetto piccolo borghese.

Evidentemente qui parliamo di una sessualità che nel sesso fa affluire il bollore della terra calda africana dal suo suolo infuocato al sangue e alle vene degli indigeni. E’ questa trasmissione che caratterizza l’eros nero, facendogli assumere quegli aspetti psicosomatici che ad esempio sono propri della trance.

A questo eros “surriscaldato” dalla natura Tommaso Serra s’accosta in maniera molto cauta, scartando anzitutto ogni falsa rappresentazione figurativa che della sua magia, della sua trance o dell’invasamento di forze animistiche e tribali non potrebbe renderci alcunché. Serra non è un reporter fotografico, non cerca oggetti su cui puntare il suo freddo obiettivo. C’è una sola strada per parlare di eros nero. Questa strada è quella dell’arte e dell’artista, che in quanto tale crea e non imita. Abbandonando le norme più elementari del disegno, l’artista Serra si inventa delle figure che gli sono date dalla regressione del segno a una sua fase infantile che sarebbe qui meglio chiamare primitiva. Da questi sviluppi primitivi del segno nascono le opere erotiche di Serra. Proprio perché queste opere sono formate da segni regressivi, essi esprimono un’energia libidica attinta alla fonte e non più repressa. L’infantilismo primitivo di Serra è di per sé magico, la magia scaturendo qui da uno stadio profondo che scavalca l’io per attingere all’energia profonda del sé.

In queste opere africane non c’è dunque alcun voyeurismo, alcun compiacimento perverso, bensì una sola necessità quella di dar voce ad un’ espressione di energia sessuale originata da un riemergere di forze primitive, ancestrali che fanno parte della natura, forze verso le quali solo è puntato lo sguardo conturbante di Serra, che non è uno sguardo profano, esterno da morboso guardone bensì uno sguardo orientato  anzitutto in profondità verso l’interno di se stesso per contemplare il mistero della forza pulsionale, libidica, erotica insita in tutti gli esseri umani e che con Schopenhauer potremmo identificare nella cosa in sé, che si rappresenta come  brama del desiderio e del vivere, brama dell’eros che si attua, là dove non è fortemente inibita, con minore o maggiore intensità in tutto il genere umano attraverso quel canale privilegiato dei sensi da cui scaturisce l’attività erotica.

 Il sesso nella sua manifestazione prettamente erotica va visto alla radice come sacralità della vita, perché é della vita che qui si tratta, e della sua volontà di perpetuarsi, di una vita tanto più caparbia, ostinata a volere, ad esprimere se stessa quanto più avverse sono le condizioni per il suo espletamento.

Per queste difficoltà che non possono non essere riscontate nelle terre più impervie, più difficili alla generazione e allo sviluppo della vita, l’eros africano ricorre nel suo espletarsi a tutte quelle sue forze, oltre che naturali, primitive ed ancestrali che  contribuiscono a realizzarlo, ampliandolo potentemente nella sua sfera emotiva.

Queste forze primitive, nelle opere di Serra, sono rappresentate da segni nutriti da colori naturali, vegetali. Esse si manifestano attraverso l’energia di una tale alimentazione che sembra scorrere in tutte le venature che finiscono per disegnare l’intelaiatura di queste figure erotiche. Ma si tratta qui di un disegno che nella sua essenza organica impregnata di un colore vegetale non ha nulla di accademico optando Serra per un disegno molto approssimativo ed elementare, per un disegno molto forte ed evocativo proprio per questa sua elementarità primitiva, tribale.

Per questo le carte africane di Serra sull’eros nero più che opere di un artista nel senso occidentale del termine, ci sembrano opere di un “genio”, di uno sciamano che in e con esse traffica con gli spiriti più potenti della natura che, come tutti noi possiamo sperimentare, sono quelli che imperiosamente inducono all’attività sessuale.

   La mostra Eros nero ha la durata di 15 giorni e si potrà visitare solo su prenotazione tutti i giorni compresi i festivi fino al 9 ottobre dalle ore 17 alle 20 telefonando al numero di Cell. 3886416109. L’ingresso è di 3 euro a persona e consente di visitare oltre alla mostra di Serra anche la Galleria dell’eros.

In ottemperanza alle norme anticovid si entra solo muniti di Green Pass.

 

Galleria dell’eros “Piero Montana”