ARTE E CREATIVITA'

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lunedì, novembre 17, 2014

Viterbo era una capitale del rock e del pop…

 E se Viterbo si trasformasse in una città piena di musica, di grandi artisti, di festival e di giovani pieni di vita? Pura utopia, risponderebbero alcuni. Un romanzo di fantascienza, direbbero altri.

Un momento del Festival pop a Viterbo Il pubblico al Festival pop di Viterbo
Eppure tutto questo, molti anni fa, esisteva veramente. Sì, credeteci. A Viterbo, nella città della desolazione.

A ricordarsene non sono i viterbesi ma è l’Espresso che, nel fare uscire una raccolta sul rock progressive italiano, ha pubblicato proprio una foto della città dei papi durante il Festival Pop che si teneva negli anni Settanta. E non era l’unico in città. Infatti c’era anche il Festival dei cantautori (fotogallery – slide).

Li organizzava un piccolo gruppo di giovani Viterbesi: pochi grilli per la testa, ma solo l’amore per la musica e la voglia di risvegliare la città dal suo torpore.

Ad aiutarli nell’impresa un assessore, che stava dalla parte dei giovani e del rinnovamento, e una rivista di musica.

Racconta questa pazza esperienza – pazza perché siamo a Viterbo, intendiamoci, perché in un’altra città sarebbe normale – proprio uno di loro.

Si chiama Fausto Cappelli, classe 1950, viterbese Doc, in pensione dopo una vita dedicata a lavorare in un’azienda di gas, volontario all’Unitalsi e uno degli organizzatori del Corteo storico di santa Rosa. Da sempre appassionato di musica.

Ci parli dei festival. Quanti erano e come è nata l’idea?

“I festival che ci sono stati a Viterbo sono due. Prima il Festival pop nel 1973, l’anno successivo, il Festival dei cantautori.
L’idea, però, c’era già dal 1971, è nata con i New Trolls. Io, Giuliano Brutti e Mauro Marinetti – i primi tre ad avere questa idea pazza dei festival – siamo andati a Orvieto a vedere un loro concerto e ci è venuta l’idea di farli venire a Viterbo”.


Chi vi ha aiutato?


“L’assessore allo Sport, turismo e spettacolo, Domenico Mancinelli, con lui abbiamo realizzato questo spettacolo. Ci ha messo a disposizione il teatro dell’Unione, gratuitamente, e ci ha aiutato con le locandine. Si è schierato dalla nostra parte perché cercava di fare qualcosa per i giovani e quindi in noi lui ha trovato un appoggio”.

Quando c’è stato lo spettacolo?

“Il 29 dicembre del 1971 siamo riusciti ad organizzare lo spettacolo, anche se c’è stato un po’ di spavento perché erano le 22 e i New Trolls non arrivavano ancora. Nel frattempo, come previsto, stavano suonando in apertura del concerto i Jet – che poi sono diventati i Matia Bazar. L’assessore Mancinelli era preoccupatissimo, c’era il pieno, la gente era addirittura entrata dal tetto. Così insieme a Giuliano Brutti siamo andati dai Jet a dirgli di prolungare la loro esibizione”.


E come è andata a finire?

“Finalmente verso le 22,15 abbiamo visto arrivare una pattuglia della polizia e dietro la macchina con dentro i New Trolls. Quando è sceso Nico Di Palo ci siamo abbracciati perché aveva capito la situazione. Erano rimasti incastrati in Rai a registrare lo spettacolo che sarebbe andato in onda a Capodanno. Il concerto è stato un successo. E per brindare tutti insieme siamo andati alla storica discoteca Papillon. E da qui è partito tutto”.


Chi è stata la seconda band che avete portato in città?

“I Pooh. Con loro ci siamo spostati al Genio perché serviva un posto con una capienza maggiore. Ad aiutarci sempre l’assessore Mancinelli. Sono arrivati un pomeriggio: al tempo alla voce c’era Riccardo Fogli che è stato portato in giro per Viterbo facendo la gioia delle fan. Anche in quel caso fu un successo strepitoso.


Quali altre grandi band avete portato?

“I nomi che siamo riusciti a portare sono tanti: il Banco del mutuo soccorso, la Pfm, Rovescio della medaglia, Venditti, i Perigeo e tanti altri”.

Poi è nato il vero e proprio Festival pop…

“Intorno al marzo del 1973 siamo stati contattati da un giornale di musica chiamato Sound flash perché voleva organizzare un festival pop a Viterbo. In un primo momento si era pensato di farlo a Ferento, poi ci fu un ripensamento perché forse era troppo piccolo e si è pensato a Prato Giardino. Ma c’è stato un problema”.


Quale problema?

“Ad agosto di quell’anno a Napoli è scoppiato il colera e sono uscite fuori una serie di proibizioni, ma noi nel frattempo eravamo andati avanti, erano stati prenotati alberghi, ristoranti e tutto ciò che serviva per i vari gruppi che dovevano venire, tra cui Alan Sorrenti. Lo spettacolo era previsto per il 22 settembre ma, subito dopo santa Rosa, il dottor Corda, medico provinciale, ci ha detto che dovevamo annullare lo spettacolo perché erano stati vietati gli assembramenti a causa del colera”.


E come avete fatto?

“Siamo andati dal dottor Pistoletti per spiegargli la situazione. C’era anche l’assessore Magnani. Gli abbiamo detto che non erano stati corretti perché la macchina di santa Rosa era passata! Invece, ora che tocca a noi, ci chiamano e ci dicono che non si può fare più nulla? Dopo qualche giorno di riflessione ci hanno richiamato per dirci che si poteva fare. Ma non era finita qui.

Cioè?

“L’assessore al Verde pubblico, Giannoli, ha fatto un’interrogazione al consiglio comunale perché secondo lei il festival a Prato Giardino, che prevedeva circa 3mila spettatori, avrebbe rovinato le piante e ci sarebbe stato un giro di droga. Ma Mancinelli, che era dalla nostra parte, ci ha aiutato di nuovo e siamo riusciti – in accordo con l’Unione sportiva viterbese – a spostare lo spettacolo allo Stadio comunale di Viterbo, la prima volta per la città in cui si portava un concerto lì. Qualcuno però ha avuto a che ridire anche sul collaudo del palco e, a tre giorni dall’evento, siamo corsi a cercare il geometra addetto per il rilascio della documentazione.

Ce l’avete fatta?

“Sì. Lo spettacolo finalmente c’è stato, è iniziato alle 16 ed è durato fino alle 2 di notte. Dieci ore di musica non stop. Sound flash si è anche occupato di fare un giornalino con tutte le band partecipanti. Per entrare si pagava mille lire. Abbiamo staccato moltissimi biglietti, oltre 3500, c’erano giovani che stavano fuori ai cancelli dello stadio dalla mattina. Una cosa mai vista a Viterbo”.

Chi erano e cosa volevano fare da grandi i ragazzi che hanno dato vita a questi eventi?

“Io già lavoravo per una società di gas, Giuliano Brutti aveva la pizzeria davanti al Suffragio, Trieste Morbidelli aveva il bar a piazza del Comune, Mauro Marinetti stava in pizzeria, quindi lavoravamo già tutti in realtà. Giuliano Brutti ha fatto parte del gruppo per tutti i primi concerti. Ma lui già al Festival pop non c’era più. Da lì in poi è stato fatto da me, Trieste Morbidelli e Mario Tavani che al tempo lavorava da Ranaldi”.

Come funzionava con i soldi?

“Nella prima fase del progetto, prima del Festival pop, li anticipava l’assessore Mancinelli. Una volta li ha anticipati uno di noi. Per il Festival pop li metteva Sound flash, mentre per il Festival dei cantautori li metteva il comune. Noi offrivamo gratis il nostro lavoro nell’organizzazione”.

Ci rientravate con le spese?

“Con i soldi ci si è sempre rientrati, si è sempre riusciti a pagare tutto – dal ristorante agli alberghi. Una volta sono avanzate 170 mila lire che abbiamo usato per andare a cena tutti insieme. Perché tanto il nostro obiettivo lo avevamo raggiunto, non avevamo scopo di lucro e abbiamo festeggiato così. Perché in fondo noi lo facevamo per risvegliare un po’ l’ambiente viterbese, tant’è che non organizzavamo solo spettacoli di musica, ma anche diverse cacce al tesoro”.

Come è avvenuto il passaggio dal Festival Pop al Festival dei cantautori?

“Noi conoscevamo Gianni Marsili, uno dei manager più famosi dei cantanti dell’epoca e ci ha chiesto se era possibile realizzare un Festival dei cantautori. La cosa ci è piaciuta. Ne abbiamo parlato ancora una volta con l’assessore Mancinelli che è stato subito d’accordo e l’evento è stato inserito nei festeggiamenti di santa Rosa”.

Quando c’è stato lo spettacolo?

“Il 2 settembre 1974 e ha visto come primi partecipanti Riccardo Cocciante, Mauro Pelosi e Alan Sorrenti. Di nuovo un bel successo. Anche in questo caso i prezzi per l’entrata erano popolari, quindi intorno alle mille lire. Il comune si accollava le spese dell’organizzazione, noi aiutavamo nella pubblicità e in tutte le cose collaterali”.

Avete proseguito con il festival anche dopo?

“Sì. Il Festival dei cantautori è stato organizzato anche per l’anno successivo, il 1975, così ci siamo ritrovati con Gianni Marsili al ristorante il Grottino per decidere chi portare. Gianni, visto che era un festival di cantautori anche emergenti, ha detto di avere un personaggio che da un po’ gli rompeva le scatole per esibirsi”.

E chi  
era?

“Il personaggio in questione era Renato Zero, che all’epoca era ancora sconosciuto, specialmente a Viterbo. Con lui Gianni Marsili ha proposto anche un pazzo scatenato – così lo aveva definito – che si chiamava Rino Gaetano e poi un artista che suonava il violino, Angelo Branduardi che, invece, un po’ era già conosciuto”.

Chi ha presentato il festival?

“Eddy Ponti che in quel periodo era un notissimo presentatore, nel ’68 ebbe l’onore di annunciare Jimi Hendrix al Brancaccio”.

Quali altri artisti si sono esibiti al Festival dei cantautori?

“Nel 1976 ci sono stati Gianni Davoli e Lando Fiorini. L’ultimo anno, nel 1977, si sono esibiti gli Odeon, Ivan Graziani e i Vianella”.

Ci racconta un episodio curioso di quel periodo?

“Renato Zero aveva portato il suo camper dentro Prato Giardino perché si preparava, si truccava, si cambiava d’abito lì. Con lui, quella sera, quattro ballerine vestite come lui con una tutina rossa. Quando è uscito sul palco il pubblico ha incominciato a sbeffeggiarlo e a urlargli contro con molta poca eleganza ‘Frocio! Frocio!’”.

E cosa è successo?

“Si è arrabbiato, si è fermato e ha detto: ‘Io sono un artista, sono venuto qui per cantare. Chi non ha piacere di ascoltarmi si può anche alzare e andare via. Io faccio lo spettacolo che devo fare’. Il concerto è continuato. Renato Zero si è esibito con delle ragazze. E, al contrario di quello che era sembrato in un primo momento, è stato un grande successo. Appena finito lo spettacolo, ci siamo trovati con Franco e Rita, i proprietari del 314, discoteca di Grotte Santo Stefano. A loro era piaciuto così tanto che mi hanno chiesto di parlarci per poterlo fare esibire nel loro locale”.

Cosa ha risposto Renato Zero?

“Lo siamo andati a prendere per portarlo a bere con noi e parlarci e lui, molto gentilmente, ha accettato. In quell’ambito ci ha raccontato il personaggio e l’uomo Renato Zero, perché si chiamava “Zero” – zero come venivano considerate le persone come lui -, ha raccontato della madre e della sua vita turbolenta. In ogni caso si vedeva che sarebbe diventato un grande personaggio, sapeva già quello che voleva”.

Ha accettato l’invito?

“All’invito di esibirsi al 314 ha risposto di sì, ma a breve, nemmeno un anno dopo, è uscito il disco Madame, ha ottenuto un successo strepitoso, è diventato famoso e non è più riuscito a venire. E’ successo con la maggior parte degli artisti che sono venuti. Dopo un anno dalla loro partecipazione al festival esplodeva il successo”.

Perché questi eventi sono finiti e si è smesso di farli?

“L’ultimo anno del festival dei cantautori uscì un articolo sul giornale in cui si diceva che il festival meritava un posto migliore di Parto Giardino perché lì sembrava un po’ un mercato, era poco adeguato, negli ultimi tempi non era curato. Il comune, poi, non avendo granché soldi non ha più voluto investire nella cosa e da quell’anno non si è fatto più”.

Per Viterbo è caduto nel dimenticatoio, per l’Espresso no…

“Per gli intenditori di musica quello fu un evento grande ed evidentemente all’Espresso si sono ricordati che in quegli anni Viterbo ha fatto parte, insieme a tutti i concerti che si sono succeduti in Italia e nel Lazio, di un momento musicale importante. Non è più successo di vedere a Viterbo tutti gli eventi e tutti i personaggi che sono venuti in quegli anni”.

Pensa che una cosa del genere si potrebbe fare ancora a Viterbo?

“Adesso non sarebbe più possibile perché i costi dei cantanti sono diventati troppo elevati, richiederebbero un affluenza di pubblico notevole”.

Come erano i prezzi al tempo?

“Se si pensa che nel ’71 i New Trolls sono costati un milione e duecento mila lire (uno stipendio era di 130-150 mila lire) la cosa era fattibile. Mille lire del tempo adesso corrispondo a circa 10 euro”.

E oggi?

“Oggi, anche chiamando un artista medio, non ti chiederebbe comunque meno di 40mila euro. Non sarebbe possibile fare dei prezzi popolari come facevamo noi”.
Mario Tavani, Trieste Morbidelli, Fausto Cappelli Fausto Cappelli

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