ARTE E CREATIVITA'

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giovedì, novembre 14, 2024

dal 13 novembre 2024 “Marina Apollonio. Oltre il Cerchio”: l’imperdibile mostra della Peggy Guggenheim Collection

Fino al 3 marzo 2025, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia ospita la prima retrospettiva in Italia di stampo museale dedicata a Marina Apollonio. La mostra, curata da Marianna Gelussi, è un inno all’eleganza e all’eros del cerchio.


Marina Apollonio. Oltre il cerchio / Marina Apollonio: Beyond the Circle, Peggy Guggenheim Collection, 
12.10.2024 – 03.03.2025 © Photo Matteo De Fina

Per Vasilij Kandinskij, il cerchio era «la forma più umile, eppure drasticamente affermativa» e «una tensione che reca in sé tensioni innumerevoli». Picasso, poi, di questa forma semplice, vedeva tutta la primordialità, l’essenzialità, quando affermava: «Per quanto io lavori, arrivo sempre a un cerchio».
Questo aspetto sublime della forma primaria viene ben compreso —e trasmesso— dall’opera di Marina Apollonio (classe 1940), a cui la Collezione Peggy Guggenheim dedica in questi mesi una raffinata esposizione, tracciandone la traiettoria artistica fino ai giorni nostri.


Marina Apollonio. Oltre il cerchio / Marina Apollonio: Beyond the Circle, Peggy Guggenheim Collection, 12.10.2024 – 03.03.2025 © Photo Matteo De Fina

Triestina di origine, ma cresciuta a Venezia, Marina Apollonio è —meritatamente— una delle figure primarie dell’avanguardia optical internazionale: una forza inarrestabile che dal 1963 ad oggi ha condotto una ricerca rigorosa e imprescindibile.
Vicina ad un giovane Germano Celant e in contatto con gli artisti dell’Arte Programmata, del Gruppo N e del Gruppo T, l’Apollonio era amata e apprezzata anche dalla stessa Peggy Guggenheim che ne notò il talento già nel 1968, in occasione di una personale presso la Galleria Barozzi di Venezia.

Nello stesso anno, la collezionista le commissionerà Rilievo n.505, un lavoro in cui ordinati intrecci di alluminio nascondono il verde fluorescente della tavola, andando così a creare un delicato gioco tra struttura e pittura, ulteriormente amplificato dal movimento dello spettatore. L’opera è oggi esposta accanto alla sua “gemella” di un rosso acceso, che, per la Guggenheim, andava a toccare troppo da vicino, troppo intensamente, la ferita aperta dalla prematura morte della figlia Pageen Vail.


Marina Apollonio. Oltre il cerchio / Marina Apollonio: Beyond the Circle, Peggy Guggenheim Collection, 12.10.2024 – 03.03.2025 © Photo Matteo De Fina

Questi lavori si inseriscono in un ricco percorso espositivo, tra acrilici, cartoni, lavori installativi, opere in tessuto e persino un vinile, nato dalla collaborazione dell’artista con il compositore Guglielmo Bottin. La costante è però sempre la purezza della forma geometrica, che per l’Apollonio —da sempre interessata all’architettura, alla matematica e alla programmazione— non è mai costrizione, ma, piuttosto, uno spazio di attivazione e di possibilità. La sua ricerca, come ben evidenza la curatrice Marianna Gelussi nel catalogo della mostra, è «attrazione magnetica, pulsione, una sorta di eros di cui è partecipe colui che guarda».

In particolare, a prendere vita nelle sue opere è, come già menzionato, il cerchio. Esso diventa una forma in movimento, che palpita attivamente nell’occhio dello spettatore, contraendosi ed espandendosi all’infinito.


Marina Apollonio, Dinamica circolare, 1965, Acrilico su tela / Acrylic on canvas 90 x 90 cm, Museo Umbro Apollonio, San Martino di Lupari (Padova / Padua) © Marina Apollonio

Le sue ormai celebri Dinamiche circolari, il cui impatto percettivo viene amplificato dalla rotazione meccanica o manuale, sono di ciò un esempio lampante. Esse sono infatti da intendersi quasi come sfondamenti della bidimensionalità del quadro: sono anelli concentrici che ipnotizzano chi li guarda e spingono il cerchio oltre la superficie del dipinto stesso.
Tra i tanti esempi di questa serie presentati in mostra, colpisce particolarmente il lavoro Nastro N (1968), in cui il diverso spessore della linea amplifica il senso di vertigine provato da chi guarda, mentre il tratto dell’artista diventa un nastro spesso che si dipana sullo sfondo nero.


Marina Apollonio. Oltre il cerchio / Marina Apollonio: Beyond the Circle, Peggy Guggenheim Collection, 12.10.2024 – 03.03.2025 © Photo Matteo De Fina

Quest’opera ci introduce anche ad un altro elemento chiave del lavoro dell’Apollonio, ovvero la sua predilezione per il bianco e per il nero: due estremi —o meglio, due assoluti— che donano agli anelli dell’artista una logica polare.

Nonostante ciò, Marina non si vieta categoricamente il colore e, quando lo usa, è sempre di una sfumatura accesa, intensa, che squarcia il candore dei suoi lavori, come nel caso dei Rilievi circolari a diffusione cromatica, iniziati a partire dal 1971. Si tratta nuovamente di circonferenze, ma questa volta intagliate su un supporto di plastica bianca e poi dipinte nelle scalanuture così create. Camminando vicino a questi lavori, lo spettatore va dunque a “scoprire” i giochi di colore nascosti negli intagli, in un riverbero di sfumature fluorescenti.


Marina Apollonio. Oltre il cerchio / Marina Apollonio: Beyond the Circle, Peggy Guggenheim Collection, 12.10.2024 – 03.03.2025 © Photo Matteo De Fina

Queste creazioni sono anche un’ulteriore dimostrazione di come l’artista non abbia mai smesso di sperimentare e di come, nel cerchio, non sia mai rimasta rinchiusa. Lo dimostra anche il lavoro più recente presentato in mostra, realizzato appositamente per l’occasione: Entrare nell’opera (2024). Qui l’Apollonio sperimenta per la prima volta con le proiezioni, creando un ambiente avvolgente che permette allo spettatore di immergersi, questa volta fisicamente, nella sua ossessione. Di questa ossessione, poi, diventiamo parte integrante e, mentre il bianco e il nero dell’Apollonio si rincorrono sui nostri volti, tornano alla mente le sue parole: «Noi dobbiamo vivere, respirare e sentirci espandere nell’arte».


Marina Apollonio. Oltre il cerchio / Marina Apollonio: Beyond the Circle, Peggy Guggenheim Collection, 12.10.2024 – 03.03.2025 © Photo Matteo De Fina
di  da Exibart 

giovedì, ottobre 17, 2024

inaugurazione mostra d’arte AD HOC - QUADRO ALTERNATIVO ALLA REIFICAZIONE DEL CONTEMPORANEO

 AD HOC

QUADRO ALTERNATIVO ALLA REIFICAZIONE DEL CONTEMPORANEO

SABATO 19 OTTOBRE ORE 17,30


CENTRO D’ARTE E CULTURA “PIERO MONTANA”

BAGHERIA


In occasione della presentazione da parte del professore Tomaso Romano del libro di Piero Montana "dall’Inespressionismo all’Arte bionica- Appunti di una visione ateologica dell’arte contemporanea”, nei locali del Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana”, siti in via Bernardo Mattarella n 64 a Bagheria (PA), sarà pure presentata la mostra “Ad hoc-Quadro alternativo alla reificazione del contemporaneo”. 

Gli artisti espositori sono i seguenti: Nuccio Squillaci-Lillo Giuliana- Mario Liga, Giovanni Castiglia, Cinzia Farina, Marco Danese, Chicco Carrega, Filly Cusenza.

L’autore del libro, che è anche un gallerista ed un critico d’arte, con questa mostra intende offrire un’alternativa alle operazioni “artistiche” nell’ambito del desolante quadro generale proposto dalle ultime tendenze dell’arte contemporanea: l’Inespressionismo e l’Art Post-Human, da cui deriva l’attuale arte bionica e post-antropocene.

Tendenze artistiche che sono state oggetto di critica assai negativa nel saggio sopradetto.

Contro la condanna a morte dell’arte operata dalla sua attuale reificazione ossia dalla sua riduzione ad oggetto anonimo e seriale ed ancora ad oggetto tecnologico, derivante dallo sviluppo di un pensiero tecnico-scientifico, che oggi giunge alle sue estreme e nefaste conseguenze con l’invadere financo lo spazio dell’arte, Montana con questo suo ultimo libro ma pure con questa mostra allestita “ad hoc” propone invece una sua possibile nonché reale alternativa vitale.

Le opere infatti di questa mostra materialmente hanno radici non nelle cose fredde ed inanimate ma nella terra, unica e vera fonte di vita.

Una vita che prende corpo e si sviluppa nell’utero della donna ed è nutrita dal suo seno.

Una vita destinata a veleggiare nel mare aperto, ora tranquillo ora inquieto, dell’esistenza. Una vita dunque esistenzialmente illuminata da squarci di luce nel buio profondo che l’avvolge ma soprattutto illuminata dalla parola inaugurale ed incontaminata, che riposa nel grembo dell’Essere.


CENTRO D’ARTE E CULTURA “PIERO MONTANA”

CELL. 3886416109






martedì, ottobre 08, 2024

LA STORIA DI CAMILLE CLAUDEL, SCULTRICE


UNA TRISTE STORIA, MA MERITEVOLE DI ESSERE CONOSCIUTA.


  Camille Claudel (1864 - 1943) fu la musa e l’amante dello scultore e pittore francese Auguste Rodin (1840 - 1917), ma anche una scultrice straordinaria, rinchiusa in manicomio in quanto donna libera.     
  Di fatto Primogenita, perché il primogenito maschio era morto, dopo di lei nasceranno Louise, la preferita della madre, e Paul, lo scrittore.
  
   Non è una famiglia felice, lo stesso Paul scriverà che tutti litigavano con tutti e racconterà della madre     anaffettiva, che non li prendeva mai in braccio.
   Il padre, esattore delle tasse, rigido e conservatore, approva e sostiene le aspirazioni artistiche dei figli.
   Per questo la famiglia si sposta a Parigi, dove Camille e Paul possono frequentare scuole di qualità.
   Era difficile per una donna del tempo essere un artista, perlopiù scultrice.
   Le donne spesso non avevano accesso al nudo, non venivano quasi mai premiate nei Salon e nelle esposizioni e non erano accettate negli Atelier.
  Non potevano indossare pantaloni o abiti comodi ed è facile immaginare con quanta difficoltà dovessero destreggiarsi tra marmi e gessi con quelle ampie gonne.
  Camille incontra Rodin nel 1884: ne diventa la musa, la modella e l'amante, tra loro vi è una profonda comprensione artistica.
. Fu una relazione travolgente ma anche tormentata dai pregiudizi della società e dal rifiuto della famiglia di Camille che disapprovava la sua relazione con Rodin.
   Molti lavori di Rodin furono realizzati a quattro mani con Camille, ma mentre Rodin riceveva gli onori,   Camille viveva all'ombra, accettando di condividerlo con un’altra donna, dalla quale aveva avuto un figlio
   Alla fine Camille interrompe la sua relazione con lo scultore, fu allora che la madre di Camille, che aveva vergogna del comportamento della figlia, decise di farla rinchiudere in manicomio.
  Non ne uscirà mai più: inutili i tentativi di far capire che non è pazza, questa donna brillante e geniale resterà segregata per oltre trent’anni in una misera stanzetta.

  Scriveva al fratello.... . “Mi si rimprovera di aver vissuto da sola, di avere dei gatti in casa, di soffrire di manie di persecuzione! È sulla base di queste accuse che sono incarcerata come una criminale, privata della libertà, del cibo, del fuoco. Da cosa deriva tanta ferocia umana?
  Recentemente le sue cartelle cliniche sono state rese pubbliche :sono piuttosto monotone sullo stato mentale, tuttavia i medici che si sono avvicendati nella direzione del manicomio, sono concordi nell'affermare che non è una paziente pericolosa per sé e per gli altri e che tornare in famiglia potrebbe solo aiutarla.
   La madre si rifiuterà sempre di riprenderla in casa, né Paul farà mai qualcosa in tal senso.

  Alla fine, dimenticata da tutti, si spegne nel 1943, dopo trent’anni di prigionia.
  Il suo corpo viene seppellito in una fossa comune, senza che nessun membro della sua famiglia presenzi al suo funerale.
 Le sue opere vengono esposte accanto a quelle di Rodin.

  Il 26 marzo 2017 si è svolta l'inaugurazione del primo museo dedicato a Camille Claudel a Nogent -sur-Seine, luogo dove ha trascorso la sua adolescenza.
Si tratta di un ampliamento del museo creato nel 1902 dagli scultori Paul Dubois ( 1829-1905) e Alfred Bouxher ( 1850- 1934)


        da Artenauta - post di Vincenzo Iorio